lunedì 11 aprile 2016

Doppio Inganno



Doppio Inganno di Anna Caterina Grees

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Presentazione
Il giorno del suo matrimonio il dottore Gilberto Comencini riceve la visita di un funzionario di polizia, il dottor Grandi, che gli racconta una strana storia. È l’avvio di un incubo. Un incubo che deve risolvere molti quesiti. Tra questi: chi ha emesso quell’urlo terrificante che ha scosso gli invitati alla cerimonia nunziale del dottor Comencini? Perché la bella Emanuela Falieri, che è il ritratto di Elena Gregoracci, viene trovata morta avvelenata il giorno stesso del matrimonio. Suicidio o omicidio?
Piano piano, in una alternanza di colpi di scena, la verità viene lentamente a galla. Una verità sconcertante, che lascia l’amaro in bocca e molti interrogativi senza risposta. Dopo i successi ottenuti con i romanzi Il Male, L’Urlo della Morte e La Pergamena del Conte Ugolino, Anna Caterina Grees continua a sorprenderci con una storia che, nel trattare il tema del doppio, delle sorelle gemelle, se ne impadronisce per trattarlo con una dovizia che va ben oltre il puro gioco degli equivoci e degli scambi di persona, toccando i temi spesso angoscianti dell’identità e dell’inganno, dell’essere e dell’apparire.
Incipit
La donna si guardò a lungo nello specchio.
Si disse che guardandosi allo specchio avrebbe dovuto riconoscersi, perché abituata al suo volto, ed allora perché le sembrava di guardare una estranea. Forse, se non avesse mai posseduto uno specchio, le sarebbe stato difficile riconoscersi? Avrebbe avuto bisogno che qualcun altro le dicesse chi era?
Se si fosse recata da coloro che la conoscevano, nel reciproco riconoscimento, avrebbe avuto la certezza di sapere chi era veramente. Ognuno avrebbe riconosciuto l’altro e la sua identità personale sarebbe stata consacrata in quanto appartenente ad un gruppo.
Doveva quindi concludere che lo specchio era, per lei come per gli altri, una forma di libertà che induceva le persone a riconoscersi da sé, nella propria individualità. Una libertà che a volte si pagava con la solitudine che induceva a comportamenti narcisistici, come la matrigna di Biancaneve che si chiedeva continuamente se in tutto il reame vi fosse qualcuna più bella di lei.
Così anche lei si perdeva nella propria immagine, ma non in cerca di bellezza, ma di una identità Quello specchio le offriva una delle più grandi illusioni della sua vita, quella di farle credere che quella che vedeva era proprio lei. Quello specchio non era altro che la presunzione di definire una identità umana, che era indefinibile, in quanto andava al di là della sua apparenza. Lei non era ciò che sembrava, se non in misura minima o relativa. La sua identità, per sentirsi vera, aveva bisogno di ben altri riconoscimenti.
L'unica cosa che poteva concederle quello specchio era il riconoscimento dei suoi lineamenti fisici, ma di ciò avrebbe potuto farne a meno, in quanto la vera identità che ella ricercava era qualcosa di spirituale, di immateriale, di impalpabile, di impercettibile, qualcosa di profondo, che andava oltre le apparenze, le somiglianze.
Chi era lei, in realtà?


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