lunedì 11 aprile 2016

Il Volto Oscuro del Delitto di Giuseppe Fletther


Il Volto Oscuro del Delitto di Giuseppe Fletther

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Presentazione
In una Milano canicolare viene scoperto il cadavere di una giovane donna a cui hanno bruciato il viso e le mani. Le impronte rilevate nella sua stanza stanno ad indicare che era una ladra ricercata dalla polizia. L’identificazione del cadavere sembrerebbe certa, ma l’ispettore Rigotti ha delle perplessità. Ed inizia le indagini da un foglietto di carta su cui vi sono scritte solo due parole: Valencia e …lley. Piano piano l’ispettore riesce a costruire i fatti come secondo lui si sono svolti e le indagini intraprese lo portano a doversi recare presso un’allegra comitiva di italiani impegnati in un torneo di Beach Volley a Valencia in Spagna. Tutto gli sembra chiaro e incontrovertibile, ma …….
Una bellissima detective story, con personaggi simpatici e divertenti. Un giallo da leggere assolutamente. L’autore, Giuseppe Fletther è anche autore di L’Occhio di Brahma, Il Testamento della Morte, La Maledizione della Strega e Il Vicolo della Morte.
Incipit
— Ci troviamo all’ingresso del binario numero 8 della Stazione Milano Centrale, a mezzogiorno di domani e non arrivare in ritardo — disse in tono paziente Bianca Mannucci. — Non puoi sbagliarti, e del resto dal binario 8 partono tutti i treni per la Francia e per la Spagna.
La ragazza abbassò il ricevitore e si mise le mani nei capelli.
— Giada, finirò con l’impazzire, prima che si parta. Già è stato difficile farsi ammettere a questo torneo, cui partecipiamo in forma privata, che tutti quanti non fanno che telefonare da mattina a sera come se non avessi già spiegato loro ogni cosa. Oh, Dio mio, chi ci sarà, adesso?
— Non preoccuparti, deve essere Perla — rispose Giada, mentre si udiva suonare il campanello alla porta. — Probabilmente vorrà provarsi il bikini che ha comprato ieri. Sai come è vanitosa. Vorrà farsi dire che è bella e che in bikini fa un gran figurone. Vado ad aprire.
— E io vado a truccarmi — disse Bianca.
Paola Brandi, chiamata Perla dagli amici, una ragazza alta e snella sui vent’anni, entrò nel salotto di Bianca assieme a Giada. Quello che colpiva in lei erano i suoi grandi occhi grigi, minacciosi e intemperanti occhi dai lunghi cigli neri che, alla luce della stanza, parevano ancora più chiari, rendendo ancora più bruno il bel volto superbo e vivace ad un tempo.
Di tra i cigli, gli occhi le ridevano. Sulle labbra rosse, di squisita fattura, si disegnava un sorriso di felicità. Indossava una vistosa minigonna che le metteva in risaldo le gambe lunghe, snelle e levigate. Gambe da sportiva.
— Non riesco a credere che sia vero! — esclamò. — Pensi sul serio che partiremo domani? Sono in preda al panico da settimane. È il mio primo torneo ufficiale di Beach Volley.
— E invece partiamo, — asserì Giada con fermezza. — E siamo in sedici: nove donne e sette uomini. Bianca ha già organizzato ogni cosa: biglietti, prenotazioni, il vagone letto, l’albergo... Ha sgobbato come una negra. Santo Cielo, con Raimondo che deve sposarsi, Nicola che ha avuto un attacco di appendicite e Carlo a cui il suo principale non ha voluto concedere le ferie, sembrava dovessimo formare una comitiva composta per l’ottanta per cento da pollastrelle. Ma ora tutto è a posto. Oh, ecco di nuovo il telefono... Provati un po’ il tuo bikini, vedi se riesci a fare entrare le tue poppe nella parte superiore, mentre rispondo...
— Effettivamente ho il seno un po’ troppo grande, ma si mantiene su anche senza sostegni — disse Perla, mentre Giada afferrava il ricevitore e intonava la solita litania:
— All’ingresso del binario 8, nella Stazione Milano Centrale, a mezzogiorno di domani... Oh, sei Daniela... Sì, lo so che lo sai, ma che voglio soltanto esserne certa... Come? Oh, sì, Bianca è riuscita ad accaparrarsi un altro giovanotto... Nicola ha l’appendicite... Eh, sì, è una vera iella. Bene, ci troviamo a mezzogiorno, allora. Ciao!
Bianca rientrò nella stanza perfettamente truccata. Come sempre Perla restò un attimo ad ammirarla. I capelli nerissimi dell’amica erano pieni di luce e si intonavano a meraviglia con un ovale gentile, un naso perfetto, una bocca carnosa ma non tumida, denti meravigliosi, pelle chiara, liscia e levigata, occhi di un verde smeraldino. I fermi lineamenti del viso esprimevano una grande decisione, e i suoi occhi, oltre a essere seducenti, tradivano una notevole intelligenza.
— Ciao, Perla... Sì, ti sta bene il bikini, ma, mio dio, ti si vede tutto il seno.
— Non è colpa mia. D’altronde una misura superiore non andrebbe bene per la parte inferiore del bikini. Meglio mostrare il seno. Sarà un’occasione per attrarre tifo maschile.
— Perla non cambi mai. Comunque quel bikini ti sta benissimo... Dio che momenti abbiamo passato! ma credo che ora non ci saranno più difficoltà, e stamane ho veduto Vittoria. Dice che Valencia è un posto magnifico: ottimi campi da Beach Volley e belle sale da ballo.
— Sembra un sogno — disse Perla. — Ho sempre desiderato di poter partecipare ad un campionato internazionale, e ora sembra che il desiderio stia per realizzarsi. Ma parlami un po’ degli altri. Ci sono stati tanti di quei cambiamenti che non mi raccapezzo più.
Bianca si mise a sedere.
— Molti li conosci già — rispose. — Nove donne: Giada, tu ed io. Poi c’è Caterina Rossi che è un’amica di Giada. Sarà di riserva, credo. Di Mafalda Pieroni te ne ricorderai. È una riserva anche lei ed è stata più volte in nazionale. Marilena Govani viene col fratello, che è anche medico della squadra. A proposito, hai fatto l’assicurazione? Io sì, non si può mai sapere, quando si va a fare gare così importanti. Se dovessimo avere un incidente saremo curate gratis e rimpatriate senza spese, in aereo. Chi altro c’è? Ah, sì, Ilaria Brigliadori. È la sorella di Iacopo, è molto simpatica, a quanto mi dicono. E poi c’è Daniela Meloni, la mia amica. Ed infine c’è poi una veneta, una certa Trevigiani, della quale so soltanto che è la speaker della squadra e che balla molto bene. Le ragazze le abbiamo enumerate tutte. Sarà più semplice chiamarci per nome: Giada, Perla, Caterina, Mafalda, Marilena, Ilaria, Roberta, Daniela e io.
— Conosci tutti molto bene? — domandò Perla.
— Le donne, sì, ad esclusione della Trevigiani e qualcuno degli uomini — rispose Bianca. — Viene Massimo Pascoli. È un allenatore, e l’anno scorso ha partecipato a non so quale torneo. Tommaso Gabellieri è un arbitro, credo, e Danilo Cusani è un segnapunti. Franco Govani e Gabriele Radaelli sono tutti e due medici e non conosco Iacopo Brigliadori. L’ultimo della comitiva è un certo Norberto Raffaldi. Nicola ce lo ha scovato all’ultimo momento. Sul suo conto so meno di zero, ma Nicola dice che è in gamba, un abile video-maker che riprenderà tutte le nostre partite e anche, il che non guasta, un bravissimo ballerino. E ha anche viaggiato molto. Mi ha telefonato e sembrava ansiosissimo di unirsi a noi. Così siamo a posto.
— Io dico che è stato meraviglioso da parte tua avere organizzato ogni cosa — esclamò Perla. — Ci troveremo tutti quanti domani alla stazione Milano Centrale?
— No, non tutti — rispose Bianca. — Tommaso Gabellieri ci raggiungerà a Valencia in aereo. E’ un uomo molto ricco ed ha preferito non viaggiare in treno. A noi, purtroppo, la nostra società non ci ha concesso il viaggio in aereo. Quanto alla ragazza veneta, sembra che partirà con un altro treno. È stata un po’ vaga, ma dovrà arrangiarsi per conto suo. Per la maggior parte andremo in prima classe e ho prenotato dodici cuccette sul vagone letto, così non sarà necessario stare seduti l’intera notte. Due degli uomini, invece, viaggiano in seconda classe per risparmiare quattrini. Poveretti, il viaggio fino in Spagna è molto lungo...
— Oh, il mare! — esclamò Perla, rapita.
— Non fare la romantica, adesso — disse Bianca. — E rammenta, ci troviamo a mezzogiorno.
Il giorno dopo alla partenza faceva un caldo insopportabile. All’ingresso del binario 8, nella stazione Milano Centrale, Giada Cabassi e Mafalda Pieroni contavano i membri della comitiva, distribuivano consigli e informazioni. Bianca era indaffarata a consegnare biglietti e a fare le presentazioni.
— Giada, Mafalda, Perla, Daniela... Oh, conoscete Massimo Pascoli e Danilo Cusani?... Ecco Gabriele... E quelli devono essere Ilaria e Iacopo... In quanti siamo? Su, Giada, contali. E, questa bella ragazza, fa parte della comitiva?
— Bianca Mannucci? Sono Roberta Trevigiani. Che gran brutta giornata per viaggiare! Fa troppo caldo. Speriamo che in treno l’aria condizionata funzioni in modo perfetto. Temevo che il tassì non sarebbe arrivato in tempo.
— Ci siamo tutti? — mormorò Giada a Bianca, che ancora non era salita sul treno.
— No, l’ultimo della comitiva non è ancora arrivato. Spero che non ci abbandoni proprio adesso... La veneta è un gran bella ragazza, no?
— Non si direbbe che sia veneta, non lo sembra affatto.
— Per quanto so sul suo conto, potrebbe anche essere una araba, ma in ogni modo mi sembra simpatica — disse Bianca. — E quello chi è? La nostra pecorella smarrita?
Un giovane bruno si avvicinò correndo.
— Bianca Mannucci? Sono Raffaldi. Mi spiace di essere in ritardo, ma l’altro mio treno è arrivato fuori orario a causa di un guasto tecnico. Nicola ti manda questo, con tutta la sua simpatia.
Questo era una scatola di cioccolatini.
— Grazie mille. Salite, ci siamo tutti — disse Bianca.
Il giovane le rivolse uno smagliante sorriso. Era un uomo alto, forte, distinto. Occhi di acciaio, pelle scura, fronte alta, una bocca perfetta. Un uomo che Bianca avrebbe trovato affascinante nella maniera più completa se non avesse avuto quell’atteggiamento, mal celato, di non aver bisogno di alcuno. Dava l’impressione dell’uomo sicuro di sé, della sua salute, della sua potenza fisica, orgoglioso di essere quello che sembrava essere.
— Sono desolatissimo di averti fatto aspettare, ma non è stata colpa mia.
Si arrampicarono sul vagone e Bianca e Giada si affannarono a fare le nuove presentazioni:
— Norberto Raffaldi, Massimo Pascoli... Ilaria e Iacopo Brigliadori, Marilena e Franco Govani... Roberta Trevigiani... Oh, grazie al cielo ci siamo riuscite! Siamo in quindici sul treno, e il sedicesimo è in volo. Non credevo davvero che saremmo partiti!
— Ti sono molto grato per avermi lasciato venire — disse Norberto Raffaldi a Giada, che rispose:
— Siamo tutti lieti della tua presenza. Hai completato il numero dei partecipanti alla comitiva. Ritengo sia preferibile essere in numero pari, per poter ballare, oltre che per farsi compagnia. Sai ballare, vero?
— Sì, abbastanza — rispose Norberto.
— Credo che ci divertiremo — mormorò Massimo, mentre la stazione di Milano sfilava dietro i finestrini e il treno acquistava velocità.
— A sud, verso il sole, verso il mare! — esclamò Bianca.
E la ragazza veneta soggiunse:
— A sud, verso notti folli!
Bianca, sentendo che Norberto si trovava ancora a disagio fra tutti quei vociferanti compagni di viaggio, osservò:
— A Tunisi, l’anno scorso, ci siamo divertiti moltissimo, e non vedo perchè non dovrebbe accadere altrettanto questa volta... Avete afferrato bene tutti i nomi? Di quando in quando mi sorprendo ancora a sperare di non sbagliar nome rivolgendomi a qualcuno.
— Non conosci tutti? — domandò lui. — Credevo foste amici.
— Be’, amici... di amici — rispose Bianca. — Vi sono parecchie persone che non ho mai conosciuto prima d’ora: Roberta Trevigiani, e tu, e Danilo Cusani e l’uomo che ci raggiungerà in aereo, Tommaso Gabellieri. Probabilmente sarà già arrivato e si sarà scelto la stanza migliore, all’albergo.
— Vediamo un po’ — fece Norberto — se riesco a ricordarmi di tutti. Mi ripasserò i nomi di tutti quanti.
— È la cosa migliore, — rispose lei.
— Bene. Dunque, tre ragazze brune: Bianca, Perla e Caterina.
— Caterina. È una riserva, credo.
— E tre ragazze bionde: Giada, Daniela e...
— Ilaria è la più giovane. Giada abita con Mafalda, e Daniela risiede in campagna. Te la stai cavando abbastanza bene.
— E due ragazze castane, Mafalda e Marilena. Ed infine quella che sembra essere la più bella di tutte, senza offesa.
— Roberta Trevigiani, una ragazza veneta.
— Roberta Trevigiani — mormorò Norberto. — Non ha l’aria di essere veneta.
— No, e non credo che Massimo abbia l’aria di un insegnante — rispose Bianca — né che tu sembri un impiegato dello Stato, benché Nicola abbia detto che lavori all’Ufficio delle Imposte Dirette, un gran brutto ufficio, da evitare.
— In un ufficio governativo? Be’, ma non durante il viaggio, almeno — rise lui.
— È come marinare la scuola, no?
Finita la conversazione con Bianca, Norberto Raffaldi prese con discrezione ad osservare Roberta Trevigiani. La ragazza ben presto si accorse degli sguardi di lui, sguardi abbastanza audaci, che, comunque non le dettero noia. Lo sguardo del giovane era sceso lentamente dal seno di lei, evidenziato da un leggero maglioncino, sotto il quale non indossava il reggiseno, alle gambe lunghe e levigate che la corta gonna non solo non riusciva a coprire, ma che metteva maggiormente in evidenza.
Roberta pensò che non era niente male quel Norberto e che non le sarebbe dispiaciuto di avere l’occasione di approfondire meglio la conoscenza di lui. Pensò, senza vergognarsi di pensarlo, che se sapeva accarezzare una donna in quel modo semplicemente con gli occhi, di certo doveva essere in grado di far ben altro in un incontro intimo. Avvertì suo malgrado un lungo brivido sotto la pelle. Turbata, distolse gli occhi dal giovane e guardò il panorama che scorreva veloce.
Quando giunsero al confine francese avevano già imparato quasi tutti a chiamarsi per nome, e si erano narrate le reciproche esperienze sui campi da Beach Volley.
Il cielo era diventato molto nuvoloso, e il caldo si era fatto ancora più soffocante. Allorché si misero in attesa delle guardie di frontiera per il controllo dei passaporti, videro che iniziava a venire giù una fitta pioggia. Sperarono in una rinfrescata.
L’inevitabile attesa diede modo a Giada di osservare meglio quei suoi compagni di viaggio che meno conosceva. Giada, che sembrava una diciottenne, aveva ventisette anni ed era una ragazza osservatrice, meditativa e sensibile, eppure capace di allegria e dotata di un acuto senso del ridicolo. Si era accorta subito sia degli sguardi di Norberto per Roberta di quelli di lei per l’uomo.
Le venne fatto di pensare che quella ragazza la incuriosiva. Diceva di essere veneta, ma sembrava più una meridionale, ma quando tutti tirarono fuori il loro passaporto, Giada notò subito che il passaporto di Roberta Trevigiani aveva la copertina verde, e pensò:
— Allora è davvero veneta. Non lo avrei mai creduto.
In Veneto, infatti, invece che la solita copertina marrone usavano quella verde. Chissà poi, perche?
Roberta le sorrise guardandola dall’alto in basso. Era molto alta di statura.
— Perchè le fotografie dei passaporti sono sempre così orribili? — osservò. — La mia potrebbe appartenere a chiunque, tranne che a me. È una via di mezzo fra quella di una donna da bordello e quella di una criminale.
Norberto Raffaldi si intromise nella conversazione.
— Se volete vedere una fotografia per passaporto che batta tutte le altre, guardate la mia. È semplicemente rivoltante. Mi sento indignato ogni volta che mi riconoscono in essa.
— Ma questa gente non le guarda neppure — disse Roberta. — Si limita a dare un’occhiata alle date e ai bolli. Immagino che se ci scambiassimo il passaporto, non se ne accorgerebbero neppure. Perchè non proviamo?
— Ah, no, grazie — rispose Norberto. — Se vuoi finire al fresco, fai pure, ma senza il mio aiuto. Io voglio arrivare in Spagna.

— Finire al fresco? Perbacco, che razza di idee! — fece la Trevigiani indignata, mentre il cielo andava incupendosi sempre più.

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