Il Volto Oscuro del
Delitto di Giuseppe Fletther
Presentazione
In una Milano
canicolare viene scoperto il cadavere di una giovane donna a cui hanno bruciato
il viso e le mani. Le impronte rilevate nella sua stanza stanno ad indicare che
era una ladra ricercata dalla polizia. L’identificazione del cadavere
sembrerebbe certa, ma l’ispettore Rigotti ha delle perplessità. Ed inizia le
indagini da un foglietto di carta su cui vi sono scritte solo due parole:
Valencia e …lley. Piano piano l’ispettore riesce a costruire i fatti come
secondo lui si sono svolti e le indagini intraprese lo portano a doversi recare
presso un’allegra comitiva di italiani impegnati in un torneo di Beach Volley a
Valencia in Spagna. Tutto gli sembra chiaro e incontrovertibile, ma …….
Una bellissima
detective story, con personaggi simpatici e divertenti. Un giallo da leggere
assolutamente. L’autore, Giuseppe Fletther è anche autore di L’Occhio di
Brahma, Il Testamento della Morte, La Maledizione della Strega e Il Vicolo
della Morte.
Incipit
— Ci troviamo
all’ingresso del binario numero 8 della Stazione Milano Centrale, a mezzogiorno
di domani e non arrivare in ritardo — disse in tono paziente Bianca Mannucci. —
Non puoi sbagliarti, e del resto dal binario 8 partono tutti i treni per la
Francia e per la Spagna.
La ragazza abbassò il
ricevitore e si mise le mani nei capelli.
— Giada, finirò con
l’impazzire, prima che si parta. Già è stato difficile farsi ammettere a questo
torneo, cui partecipiamo in forma privata, che tutti quanti non fanno che
telefonare da mattina a sera come se non avessi già spiegato loro ogni cosa.
Oh, Dio mio, chi ci sarà, adesso?
— Non preoccuparti,
deve essere Perla — rispose Giada, mentre si udiva suonare il campanello alla
porta. — Probabilmente vorrà provarsi il bikini che ha comprato ieri. Sai come
è vanitosa. Vorrà farsi dire che è bella e che in bikini fa un gran figurone.
Vado ad aprire.
— E io vado a
truccarmi — disse Bianca.
Paola Brandi, chiamata
Perla dagli amici, una ragazza alta e snella sui vent’anni, entrò nel salotto
di Bianca assieme a Giada. Quello che colpiva in lei erano i suoi grandi occhi
grigi, minacciosi e intemperanti occhi dai lunghi cigli neri che, alla luce
della stanza, parevano ancora più chiari, rendendo ancora più bruno il bel
volto superbo e vivace ad un tempo.
Di tra i cigli, gli
occhi le ridevano. Sulle labbra rosse, di squisita fattura, si disegnava un
sorriso di felicità. Indossava una vistosa minigonna che le metteva in risaldo
le gambe lunghe, snelle e levigate. Gambe da sportiva.
— Non riesco a credere
che sia vero! — esclamò. — Pensi sul serio che partiremo domani? Sono in preda
al panico da settimane. È il mio primo torneo ufficiale di Beach Volley.
— E invece partiamo, —
asserì Giada con fermezza. — E siamo in sedici: nove donne e sette uomini.
Bianca ha già organizzato ogni cosa: biglietti, prenotazioni, il vagone letto,
l’albergo... Ha sgobbato come una negra. Santo Cielo, con Raimondo che deve
sposarsi, Nicola che ha avuto un attacco di appendicite e Carlo a cui il suo
principale non ha voluto concedere le ferie, sembrava dovessimo formare una
comitiva composta per l’ottanta per cento da pollastrelle. Ma ora tutto è a
posto. Oh, ecco di nuovo il telefono... Provati un po’ il tuo bikini, vedi se
riesci a fare entrare le tue poppe nella parte superiore, mentre rispondo...
— Effettivamente ho il
seno un po’ troppo grande, ma si mantiene su anche senza sostegni — disse
Perla, mentre Giada afferrava il ricevitore e intonava la solita litania:
— All’ingresso del
binario 8, nella Stazione Milano Centrale, a mezzogiorno di domani... Oh, sei
Daniela... Sì, lo so che lo sai, ma che voglio soltanto esserne certa... Come?
Oh, sì, Bianca è riuscita ad accaparrarsi un altro giovanotto... Nicola ha
l’appendicite... Eh, sì, è una vera iella. Bene, ci troviamo a mezzogiorno,
allora. Ciao!
Bianca rientrò nella
stanza perfettamente truccata. Come sempre Perla restò un attimo ad ammirarla.
I capelli nerissimi dell’amica erano pieni di luce e si intonavano a meraviglia
con un ovale gentile, un naso perfetto, una bocca carnosa ma non tumida, denti
meravigliosi, pelle chiara, liscia e levigata, occhi di un verde smeraldino. I
fermi lineamenti del viso esprimevano una grande decisione, e i suoi occhi,
oltre a essere seducenti, tradivano una notevole intelligenza.
— Ciao, Perla... Sì,
ti sta bene il bikini, ma, mio dio, ti si vede tutto il seno.
— Non è colpa mia.
D’altronde una misura superiore non andrebbe bene per la parte inferiore del
bikini. Meglio mostrare il seno. Sarà un’occasione per attrarre tifo maschile.
— Perla non cambi mai.
Comunque quel bikini ti sta benissimo... Dio che momenti abbiamo passato! ma
credo che ora non ci saranno più difficoltà, e stamane ho veduto Vittoria. Dice
che Valencia è un posto magnifico: ottimi campi da Beach Volley e belle sale da
ballo.
— Sembra un sogno —
disse Perla. — Ho sempre desiderato di poter partecipare ad un campionato
internazionale, e ora sembra che il desiderio stia per realizzarsi. Ma parlami
un po’ degli altri. Ci sono stati tanti di quei cambiamenti che non mi
raccapezzo più.
Bianca si mise a
sedere.
— Molti li conosci già
— rispose. — Nove donne: Giada, tu ed io. Poi c’è Caterina Rossi che è un’amica
di Giada. Sarà di riserva, credo. Di Mafalda Pieroni te ne ricorderai. È una
riserva anche lei ed è stata più volte in nazionale. Marilena Govani viene col
fratello, che è anche medico della squadra. A proposito, hai fatto
l’assicurazione? Io sì, non si può mai sapere, quando si va a fare gare così
importanti. Se dovessimo avere un incidente saremo curate gratis e rimpatriate
senza spese, in aereo. Chi altro c’è? Ah, sì, Ilaria Brigliadori. È la sorella
di Iacopo, è molto simpatica, a quanto mi dicono. E poi c’è Daniela Meloni, la
mia amica. Ed infine c’è poi una veneta, una certa Trevigiani, della quale so
soltanto che è la speaker della squadra e che balla molto bene. Le ragazze le
abbiamo enumerate tutte. Sarà più semplice chiamarci per nome: Giada, Perla,
Caterina, Mafalda, Marilena, Ilaria, Roberta, Daniela e io.
— Conosci tutti molto
bene? — domandò Perla.
— Le donne, sì, ad
esclusione della Trevigiani e qualcuno degli uomini — rispose Bianca. — Viene
Massimo Pascoli. È un allenatore, e l’anno scorso ha partecipato a non so quale
torneo. Tommaso Gabellieri è un arbitro, credo, e Danilo Cusani è un
segnapunti. Franco Govani e Gabriele Radaelli sono tutti e due medici e non
conosco Iacopo Brigliadori. L’ultimo della comitiva è un certo Norberto
Raffaldi. Nicola ce lo ha scovato all’ultimo momento. Sul suo conto so meno di
zero, ma Nicola dice che è in gamba, un abile video-maker che riprenderà tutte
le nostre partite e anche, il che non guasta, un bravissimo ballerino. E ha
anche viaggiato molto. Mi ha telefonato e sembrava ansiosissimo di unirsi a
noi. Così siamo a posto.
— Io dico che è stato
meraviglioso da parte tua avere organizzato ogni cosa — esclamò Perla. — Ci
troveremo tutti quanti domani alla stazione Milano Centrale?
— No, non tutti —
rispose Bianca. — Tommaso Gabellieri ci raggiungerà a Valencia in aereo. E’ un
uomo molto ricco ed ha preferito non viaggiare in treno. A noi, purtroppo, la
nostra società non ci ha concesso il viaggio in aereo. Quanto alla ragazza
veneta, sembra che partirà con un altro treno. È stata un po’ vaga, ma dovrà
arrangiarsi per conto suo. Per la maggior parte andremo in prima classe e ho
prenotato dodici cuccette sul vagone letto, così non sarà necessario stare
seduti l’intera notte. Due degli uomini, invece, viaggiano in seconda classe
per risparmiare quattrini. Poveretti, il viaggio fino in Spagna è molto
lungo...
— Oh, il mare! —
esclamò Perla, rapita.
— Non fare la
romantica, adesso — disse Bianca. — E rammenta, ci troviamo a mezzogiorno.
Il giorno dopo alla
partenza faceva un caldo insopportabile. All’ingresso del binario 8, nella
stazione Milano Centrale, Giada Cabassi e Mafalda Pieroni contavano i membri
della comitiva, distribuivano consigli e informazioni. Bianca era indaffarata a
consegnare biglietti e a fare le presentazioni.
— Giada, Mafalda,
Perla, Daniela... Oh, conoscete Massimo Pascoli e Danilo Cusani?... Ecco
Gabriele... E quelli devono essere Ilaria e Iacopo... In quanti siamo? Su,
Giada, contali. E, questa bella ragazza, fa parte della comitiva?
— Bianca Mannucci?
Sono Roberta Trevigiani. Che gran brutta giornata per viaggiare! Fa troppo
caldo. Speriamo che in treno l’aria condizionata funzioni in modo perfetto.
Temevo che il tassì non sarebbe arrivato in tempo.
— Ci siamo tutti? —
mormorò Giada a Bianca, che ancora non era salita sul treno.
— No, l’ultimo della
comitiva non è ancora arrivato. Spero che non ci abbandoni proprio adesso... La
veneta è un gran bella ragazza, no?
— Non si direbbe che
sia veneta, non lo sembra affatto.
— Per quanto so sul
suo conto, potrebbe anche essere una araba, ma in ogni modo mi sembra simpatica
— disse Bianca. — E quello chi è? La nostra pecorella
smarrita?
Un giovane bruno si
avvicinò correndo.
— Bianca Mannucci?
Sono Raffaldi. Mi spiace di essere in ritardo, ma l’altro mio treno è arrivato
fuori orario a causa di un guasto tecnico. Nicola ti manda questo, con tutta la
sua simpatia.
Questo era una scatola di cioccolatini.
— Grazie mille.
Salite, ci siamo tutti — disse Bianca.
Il giovane le rivolse
uno smagliante sorriso. Era un uomo alto, forte, distinto. Occhi di acciaio,
pelle scura, fronte alta, una bocca perfetta. Un uomo che Bianca avrebbe
trovato affascinante nella maniera più completa se non avesse avuto
quell’atteggiamento, mal celato, di non aver bisogno di alcuno. Dava
l’impressione dell’uomo sicuro di sé, della sua salute, della sua potenza
fisica, orgoglioso di essere quello che sembrava essere.
— Sono desolatissimo
di averti fatto aspettare, ma non è stata colpa mia.
Si arrampicarono sul
vagone e Bianca e Giada si affannarono a fare le nuove presentazioni:
— Norberto Raffaldi, Massimo Pascoli... Ilaria e Iacopo Brigliadori, Marilena
e Franco Govani... Roberta
Trevigiani... Oh, grazie al cielo ci siamo riuscite! Siamo in quindici sul
treno, e il sedicesimo è in volo. Non credevo davvero che saremmo partiti!
— Ti sono molto grato
per avermi lasciato venire — disse Norberto Raffaldi a Giada, che rispose:
— Siamo tutti lieti
della tua presenza. Hai completato il numero dei partecipanti alla comitiva.
Ritengo sia preferibile essere in numero pari, per poter ballare, oltre che per
farsi compagnia. Sai ballare, vero?
— Sì, abbastanza —
rispose Norberto.
— Credo che ci
divertiremo — mormorò Massimo, mentre la stazione di Milano sfilava dietro i
finestrini e il treno acquistava velocità.
— A sud, verso il
sole, verso il mare! — esclamò Bianca.
E la ragazza veneta
soggiunse:
— A sud, verso notti
folli!
Bianca, sentendo che
Norberto si trovava ancora a disagio fra tutti quei vociferanti compagni di
viaggio, osservò:
— A Tunisi, l’anno
scorso, ci siamo divertiti moltissimo, e non vedo perchè non dovrebbe accadere
altrettanto questa volta... Avete afferrato bene tutti i nomi? Di quando in
quando mi sorprendo ancora a sperare di non sbagliar nome rivolgendomi a
qualcuno.
— Non conosci tutti? —
domandò lui. — Credevo foste amici.
— Be’, amici... di
amici — rispose Bianca. — Vi sono parecchie persone che non ho mai conosciuto
prima d’ora: Roberta Trevigiani, e tu, e Danilo Cusani e l’uomo che ci
raggiungerà in aereo, Tommaso Gabellieri. Probabilmente sarà già arrivato e si
sarà scelto la stanza migliore, all’albergo.
— Vediamo un po’ —
fece Norberto — se riesco a ricordarmi di tutti. Mi ripasserò i nomi di tutti
quanti.
— È la cosa migliore,
— rispose lei.
— Bene. Dunque, tre
ragazze brune: Bianca, Perla e Caterina.
— Caterina. È una
riserva, credo.
— E tre ragazze
bionde: Giada, Daniela e...
— Ilaria è la più
giovane. Giada abita con Mafalda, e Daniela risiede in campagna. Te la stai cavando
abbastanza bene.
— E due ragazze
castane, Mafalda e Marilena. Ed infine quella che sembra essere la più bella di
tutte, senza offesa.
— Roberta Trevigiani,
una ragazza veneta.
— Roberta Trevigiani —
mormorò Norberto. — Non ha l’aria di essere veneta.
— No, e non credo che
Massimo abbia l’aria di un insegnante — rispose Bianca — né che tu sembri un
impiegato dello Stato, benché Nicola abbia detto che lavori all’Ufficio delle
Imposte Dirette, un gran brutto ufficio, da evitare.
— In un ufficio
governativo? Be’, ma non durante il viaggio, almeno — rise lui.
— È come marinare la
scuola, no?
Finita la
conversazione con Bianca, Norberto Raffaldi prese con discrezione ad osservare
Roberta Trevigiani. La ragazza ben presto si accorse degli sguardi di lui,
sguardi abbastanza audaci, che, comunque non le dettero noia. Lo sguardo del
giovane era sceso lentamente dal seno di lei, evidenziato da un leggero
maglioncino, sotto il quale non indossava il reggiseno, alle gambe lunghe e
levigate che la corta gonna non solo non riusciva a coprire, ma che metteva
maggiormente in evidenza.
Roberta pensò che non
era niente male quel Norberto e che non le sarebbe dispiaciuto di avere
l’occasione di approfondire meglio la conoscenza di lui. Pensò, senza
vergognarsi di pensarlo, che se sapeva accarezzare una donna in quel modo
semplicemente con gli occhi, di certo doveva essere in grado di far ben altro
in un incontro intimo. Avvertì suo malgrado un lungo brivido sotto la pelle.
Turbata, distolse gli occhi dal giovane e guardò il panorama che scorreva
veloce.
Quando giunsero al
confine francese avevano già imparato quasi tutti a chiamarsi per nome, e si
erano narrate le reciproche esperienze sui campi da Beach Volley.
Il cielo era diventato
molto nuvoloso, e il caldo si era fatto ancora più soffocante. Allorché si
misero in attesa delle guardie di frontiera per il controllo dei passaporti,
videro che iniziava a venire giù una fitta pioggia. Sperarono in una
rinfrescata.
L’inevitabile attesa
diede modo a Giada di osservare meglio quei suoi compagni di viaggio che meno
conosceva. Giada, che sembrava una diciottenne, aveva ventisette anni ed era
una ragazza osservatrice, meditativa e sensibile, eppure capace di allegria e
dotata di un acuto senso del ridicolo. Si era accorta subito sia degli sguardi
di Norberto per Roberta di quelli di lei per l’uomo.
Le venne fatto di
pensare che quella ragazza la incuriosiva. Diceva di essere veneta, ma sembrava
più una meridionale, ma quando tutti tirarono fuori il loro passaporto, Giada
notò subito che il passaporto di Roberta Trevigiani aveva la copertina verde, e
pensò:
— Allora è davvero
veneta. Non lo avrei mai creduto.
In Veneto, infatti,
invece che la solita copertina marrone usavano quella verde. Chissà poi,
perche?
Roberta le sorrise
guardandola dall’alto in basso. Era molto alta di statura.
— Perchè le fotografie
dei passaporti sono sempre così orribili? — osservò. — La mia potrebbe
appartenere a chiunque, tranne che a me. È una via di mezzo fra quella di una
donna da bordello e quella di una criminale.
Norberto Raffaldi si
intromise nella conversazione.
— Se volete vedere una
fotografia per passaporto che batta tutte le altre, guardate la mia. È
semplicemente rivoltante. Mi sento indignato ogni volta che mi riconoscono in
essa.
— Ma questa gente non
le guarda neppure — disse Roberta. — Si limita a dare un’occhiata alle date e
ai bolli. Immagino che se ci scambiassimo il passaporto, non se ne
accorgerebbero neppure. Perchè non proviamo?
— Ah, no, grazie —
rispose Norberto. — Se vuoi finire al fresco, fai pure, ma senza il mio aiuto.
Io voglio arrivare in Spagna.
— Finire al fresco?
Perbacco, che razza di idee! — fece la Trevigiani indignata, mentre il cielo
andava incupendosi sempre più.
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