I Diamanti Maledetti – Le Avventure di Lord
Abershaw di Ernesto Hornuni
Presentazione
Lord
Edward Abershaw è il prototipo del ladro gentiluomo. Insieme al suo amico Jack
utilizza, per le sue strabilianti imprese, ogni tipo di travestimento ed è
insuperabile nell'arte del furto, che esegue con raffinata arte. Egli ruba
soprattutto quando ha bisogno di denaro e per divertimento.
Sulla
scia della popolarità di personaggi come Arsenio Lupin e Rocambole, Lord Edward
Abershaw è un ladro gentiluomo che basa le sue storie su furti, riscatti,
tradimenti, fughe in auto, congegni misteriosi, sparizioni e quant'altro.
In
questa avventura, mentre Lord Abershaw sta rapinando una banca viene sorpreso
dall’Ispettore di Scotland Yard che lo trova morto in un caveau insieme ad un
altro cadavere irriconoscibile. Ma è proprio morto Lord Edward Abershaw? A
complicare le cose arriva poi la poliziotta Elizabeth Collins.
Incipit
— Sei sicuro di sapere
la parola d'ordine? — domandò Jack all'amico Abershaw, mentre questi,
ch'era appena arrivato, si levava la pelliccia e la consegnava al cameriere.
L'interpellato sorrise.
— Senza dubbio, Jack!
Avendo messo in contatto il mio filo telefonico col cavo speciale della London
and Sudwest Bank, mi è stato possibile di udire tutto ciò che la centrale di
questa Banca comunicava alle sue succursali.
— Sicché hai potuto
sorprendere la parola di riconoscimento?
— Sicuro.
— E poi che cosa hai
fatto? Raccontami, l'affare m'interessa oltre ogni dire.
Lord Abershaw si allungò comodamente sulla poltrona.
— Ho mandato ai
direttori delle tredici filiali una lettera-circolare firmata dal direttore
della Cassa depositi del quartiere di Haxlesden, in cui li avviso che una somma
di cinquecento sterline deve essere tenuta a disposizione di Mr. Samuel Rotwell.
— E non temi che uno
dei direttori concepisca dei sospetti?
— Impossibile, Jack,
tutto è stato previsto e predisposto a dovere. Sai bene che io agisco con tutte
le precauzioni possibili. Ho pensato a tutto: intestazione della carta da
lettere, timbro, stile burocratico ecc. E per finire, la parola di
riconoscimento che non lascia campo ad alcun sospetto.
In presenza del servo, lord Abershaw si serviva di un
linguaggio convenzionale, che soltanto lui e il suo segretario conoscevano. Nè
il servo nè chiunque altro avrebbe mai potuto trovarne la chiave e tanto meno
capire una conversazione.
— Milord, desidera che
faccia preparare l'automobile? — domandò il servitore.
Jack rispose per lord Abershaw.
— Non ne abbiamo
bisogno. Me ne occuperò io stesso.
Il cameriere si ritirò. Jack indossò una pelliccia da
automobilista, mise in testa un berretto di lana e seguì lord Abershaw in
rimessa, dove preparò l'automobile.
In breve la pesante vettura usciva nella via.
Si fermò dinanzi alla Cassa depositi di Vauxhall. Lord
Abershaw discese lentamente.
Indossava la sua pelliccia di astrakan che gli arrivava fin
quasi alle caviglie, cappello a cilindro e guanti impeccabili.
Il portiere aprì i battenti della porta con un profondissimo
inchino.
Lord Abershaw si avvicinò alla cassa.
— Il mio nome è Samuel
Rotwell — disse.
Il cassiere portò il registro delle firme e lord Abershaw vi
vergò con una calligrafia chiara il nome di Fred Harry Ralph Samuel Rotwell.
Più sotto, la sua firma pressoché illeggibile.
Il cassiere confrontò la firma con quella della circolare,
fece un cenno d'assenso e consegnò a lord Abershaw un blocco di assegni. Questi
si affrettò a riempirne uno per la somma di cento sterline.
— Vi prego di darmi
novanta sterline in banconote e dieci in oro.
Il banchiere s'inchinò.
Jack sorrise quando vide l'amico uscire dalla banca. La
stessa scena si ripetè alla Cassa depositi di Clepham.
Con la sua automobile, lord Abershaw passò di banca in
banca.
In meno di due ore era riuscito a riscuotere novecento
sterline.
Alla decima casa bancaria, Jack attese fumando una
sigaretta.
— Dieci volte cento
fanno mille — calcolava. — Basteranno
per quello che Edward progetta di fare. Se non dispensasse sempre il danaro ai
poveri, non rimarrebbe a secco e non si vedrebbe costretto ad imbarcarsi in
pericolose imprese.
In quel momento si volse, perchè qualcuno gli aveva
appoggiato una mano sulla spalla. Questo qualcuno era un uomo con un elmetto in
testa, che indossava un'uniforme nuova di zecca,
— L'ispettore Stoker.
Dallo spavento, Jack lasciò cadere la sigaretta.
— Infatti, così mi
chiamo — disse il funzionario allegramente. — Mi conoscete, dunque? Ditemi,
allora, a chi appartiene questa automobile.
— Al mio padrone —
rispose Jack che intanto aveva recuperato il suo sangue freddo.
— E chi è il vostro
padrone?
— Il proprietario
dell'automobile, signor ispettore.
— Diavolo! Siete
spiritoso! Ma tanto per intenderci, sappiate che poco fa il direttore della
Cassa depositi a Haxlesden ha scoperto che uno pseudo Mr. Rotwell ha truffato a
nove filiali cento sterline ciascuna. Nei suoi libri il nome di Rotwell non
esiste. Chi può aver avuto una simile idea? Soltanto Abershaw, e nessun altro.
E scommetto che quest'automobile appartiene a Abershaw.
Jack si strinse nelle spalle.
— Abershaw? Non lo
conosco. Se volete però alludere a Abershaw, il grande sconosciuto, con mio
gran dispiacere vi dirò che……..
Ma l'ispettore non abboccò all'amo. Quel volpone di
chauffeur voleva tenerlo a bada per lasciare a Abershaw il tempo di
svignarsela.
— Va bene, va bene....
meno chiacchiere, giovanotto!
Chiamò due agenti i quali obbligarono Jack a scendere e lo
trascinarono via, nonostante la sua accanita resistenza.
Nel vano di una porta gli levarono il bel mantello di pelo e
il berretto da automobilista.
— Mi pare di
conoscerlo questo bel tipo — disse l'ispettore. — Badate che non vi scappi, vedremo poi di quale natura sono le sue
relazioni con Abershaw.
Ciò dicendo, aveva indossato la pelliccia di Jack, si era
calcato il suo berretto in testa e aveva inforcati gli occhiali scuri e, mentre
Jack veniva condotto alla sezione di polizia, egli ne prendeva il posto al
volante della macchina.
Giusto in tempo. In quel momento lord Abershaw usciva dalla
banca.
Era di buonissimo umore, fumava una sigaretta e, senza
prestar attenzione all'uomo seduto al volante, ordinò:
— Catford!
L'ispettore fece cenno di aver capito.
— Bene.
Mise in marcia il motore. Ma aveva commessa una sciocchezza
aprendo bocca e neppure si accorse della occhiata di stupore di lord Abershaw.
Ma la sorpresa del celebre ladro durò poco: un sorriso gli
sfiorò le labbra e salì nell'automobile.
L'ispettore lanciò l'automobile a gran velocità per le
strade più popolose di Londra. Fortuna che era un buon automobilista,
altrimenti le cose non sarebbero andate così lisce.
Finalmente raggiunsero il palazzo di polizia.
L'ispettore fermò di botto, scese d'un balzo e aprì lo
sportello della vettura.
— Scendete! —
gridò con la rivoltella in pugno. — Abershaw,
siete in arresto.
Ma l'ultima parola gli morì in gola. Gli agenti, subito
accorsi indietreggiarono, turandosi il naso.
Nell'automobile non c'era che fumo, un fumo tale che il
bravo ispettore cadde riverso e si diede ad agitare braccia e gambe urlando:
— Aria! Aria!
Di modo che non poteva neanche raccontare agli agenti ciò
che era avvenuto. Questi pensarono che il miglior partito era quello di
ritirarsi ad una certa distanza da quella pericolosa automobile e attendere gli
eventi.
Finalmente il fumo si diradò e l'ispettore, che intanto si
era riavuto, potè precipitarsi nell'automobile. Ma in essa non c'era nessuno.
L'ispettore trovò soltanto un tubo di metallo a forma di sigaro, lungo ben
cinquanta centimetri, dal quale usciva ancora una leggera ma pestilenziale
spira di fumo.
Che cosa era accaduto?
Abershaw non si era spaventato quando si accorse che
l'automobile si avvicinava con fantastica velocità a Scotland Yard.
Per casi simili aveva sempre un sigaro di sua invenzione,
pieno di una certa polvere la quale, accesa, sprigiona un fumo tale che
chiunque lo respira per pochi minuti cade svenuto. Protetto da quel fumo,
quando l'ispettore aprì lo sportello di destra, egli uscì per quello di
sinistra. Nessuno lo vide: gli agenti si erano raggruppati intorno a Stoker e
non pensavano certamente a circondare la vettura. Abershaw si avvicinò
all'agente di guardia alla porta di Scotland Yard e gli offrì un sigaro.
— Vorreste farmi il
favore di salutare l'ispettore Stoker?
— Senz'altro, sir, da
parte di chi?
— Di Abershaw.
E in men che non si dica era scomparso.
L'agente si fregò gli occhi e si grattò la nuca e quando
finalmente gli venne in mente che poteva anche non trattarsi di uno scherzo, si
precipitò nel palazzo.
Mezz'ora dopo, lord Abershaw prendeva un'automobile e si
faceva condurre alla undecima filiale.
Credeva che Stoker fosse capitato sulla sua strada per puro
caso. Ignorava ciò che l'ispettore aveva potuto dire a Jack, il quale, intanto,
essendo riuscito a liberarsi dalle mani dei due agenti era corso a casa dove
attendeva, al colmo dell'inquietudine il ritorno del suo amico.
Lord Abershaw era un tipo che una volta messasi una cosa in
mente non desisteva finché non era riuscito a portarla a termine. Aveva deciso
di derubare dodici filiali e dodici dovevano essere, nè una più nè una meno.
Entrò dunque nell'undicesima filiale e andò direttamente dal
cassiere.
— Il mio nome è Samuel
Rotwell.
Questa volta però le cose andarono tutt'altro che lisce.
Appena Abershaw ebbe pronunciate quelle parole, il cassiere cominciò a urlare:
— Aiuto! Aiuto! Al
ladro! All'assassino! Abershaw!
In men che non sì dica, la banca fu in subbuglio.
Tutti gridavano, i portieri chiudevano le porte, e
impugnavano le rivoltelle. Lord Abershaw, sempre calmo, si diresse placidamente
ad una porta.
Ma il portiere lo prese di mira con la rivoltella.
— I miei ordini sono
precisi, signore... ma vedo già l'ispettore Stoker il quale metterà le cose a
posto.
Intanto la confusione era al colmo e l'entrata
dell'ispettore fu accolta da urli ed acclamazioni.
— Lo avete preso?
— domandò Stoker.
— No — rispose il
portiere. — Ma dev'essere, certamente
qui. Il cassiere lo ha riconosciuto.
Abershaw si allontanò per non essere riconosciuto
dall'ispettore: il gioco cominciava a divenire realmente pericoloso. Corse alla
scala, ma era chiusa, entrò per la prima porta che trovò aperta, ma qui, una
mezza dozzina di impiegati si misero subito ad urlare:
— Abershaw è qui!
Eccolo là! Abershaw! Abershaw! Abershaw!
Avrebbero continuato per un pezzo se alcuni potenti pugni di
lord Abershaw non li avessero mandati a ruzzolare per terra. Uscì per un'altra
porta e si trovò in un lungo corridoio.
Udì la voce dell'ispettore che esortava i suoi agenti ad
uccidere Abershaw piuttosto di lasciarselo scappare.
D'improvviso, dinanzi a lord Abershaw, si drizzò un uomo
panciuto dalle guance giallognole e cadenti.
— Indietro! Per l'amor
del cielo, indietro! Nessuno può passare di qua!
Era in un brutto impiccio.
— Che cosa fate? —
balbettava intanto l'altro. — Tornate
indietro! Ve lo impongo! Sono il direttore!
— Benissimo! A meraviglia!
Afferrò l'uomo per il petto, gli frugò in tasca, ne trasse
un mazzo di chiavi e, dopo averne provate alcune, aprì finalmente la porta nel
momento in cui Stoker e i suoi uomini facevano irruzione nel corridoio.
Abershaw chiuse la porta dietro a sé, accese la sua
lampadina elettrica e si guardò attorno.
Vide una scala che si affrettò a scendere. Arrivò così in un
ampio locale, ma non aveva fatto tre passi che inciampò in un ostacolo che lo
fece cadere bocconi.
Si rialzò e proiettò la luce della lampadina in terra.
L'ostacolo che l'aveva fatto cadere era il cadavere
deformato di un uomo.
Mentre Abershaw faceva questa scoperta, Stoker faceva
abbattere la porta a colpi di scure.
Ma sul più bello gli agenti interruppero il loro lavoro.
— Avete udito, ispettore?
Sicuro, anche all'ispettore era sembrato di udire un colpo
di rivoltella.
— Qualcuno ha sparato.
Voglio essere impiccato se non è un'altra bricconata di quel maledetto Abershaw.
Gli agenti raddoppiarono di ardore e in breve la porta
cedette.
Nel momento in cui l'ispettore ne varcava la soglia si udì
un grido, seguito da un rantolo. Poi tutto tornò nel silenzio.
Stoker si era fermato ad ascoltare, quindi ordinò:
— Avanti! Vediamo di
che cosa si tratta!
E dopo queste parole, Stoker discese, seguito dagli agenti.
Alla luce delle lampadine tascabili si vide che, in mezzo alla stanza, giaceva
un cadavere. Il direttore gettò un grido e avanzò tentennando, con le mani in
avanti come uno che teme di cadere.
L'ispettore si inginocchiò vicino al cadavere.
— È Abershaw —
disse col tono di chi vuol convincere se stesso di una cosa.
— Sì, ispettore, è
Abershaw — confermarono in coro gli agenti.
Sì, era proprio lui.... almeno da quel che si poteva vedere
in quel volto insanguinato. Bocca e occhi erano serrati convulsamente.
Era Abershaw. Aveva ancora la sua pelliccia sulle spalle. Il
volto e le mani erano intrise di sangue, fra i capelli si vedeva distintamente
il foro prodotto dal proiettile.
Impossibile sbagliarsi. L'ispettore si illuminò in volto
mentre anche gli agenti l'esaminavano.
— Qui ce n'è un altro,
ispettore — disse a un tratto qualcuno.
L'ispettore accorse. Infatti, c'era un secondo cadavere, il
cui viso e il cui corpo erano talmente lardellati di ferite da renderlo
irriconoscibile. L'ispettore gli frugò nelle tasche, ma non trovò nulla, non
una carta o un biglietto che servisse a svelare il nome del disgraziato.
— Nulla!
Intanto, uno degli agenti era andato a chiamare il medico.
Questi si accontentò di gettare un'occhiata ai due cadaveri.
L'ispettore si guardava attorno senza sapere che cosa fare.
Il direttore intervenne.
— Dovete iniziare una
minuziosa inchiesta, signor ispettore. Se si vedessero portar via di qui i
cadaveri, il buon nome della banca sarebbe rovinato. Che cosa ne direbbe la
gente?
Stoker scosse il capo.
— Tranquillizzatevi,
direttore. Mettete a nostra disposizione una stanza dove possiamo far
trasportare i due cadaveri. Li porteremo via a notte fatta.
L'ispettore guardò il cadavere di Abershaw con
un'espressione in volto che sarebbe difficile descrivere, poi si tolse
lentamente il berretto e disse:
— Che Iddio perdoni ad
un'anima che ha molto peccato!
— Amen! — rispose
uno degli agenti.
— Che cosa pensate,
ispettore? — domandò un sergente.
— Penso che forse si è
suicidato. Ma allora si dovrebbe trovare la rivoltella.
— È vero.
Il sergente cercò e frugò in tutti gli angoli, ma non trovò
nulla.
Sempre tentennando il capo, Stoker diede ordine che i due
cadaveri fossero trasportati nella stanza che il direttore aveva messo a loro
disposizione, attigua alla sala centrale della banca.
In breve tempo il trasporto era compiuto. Un agente ebbe
l'ordine di montare la guardia e Stoker uscì lasciando finalmente libero di
andarsene il pubblico rinchiuso nei locali della banca.
Quella sera stessa, i giornali annunciavano la sensazionale
notizia: Abershaw è morto!
Se ne rallegrarono coloro che erano stati in qualche
circostanza danneggiati dal re dei ladri, invece le migliaia di disgraziati da
lui beneficati piansero amaramente la sua morte.
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