lunedì 11 aprile 2016

Le Diaboliche



Le Diaboliche di Riccardo Austin

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Presentazione
Tre donne diaboliche e altamente pericolose si scontrano tra di loro. Un giorno l’esperta d’arte Patrizia Testa, proprietaria di due importanti negozi d’antiquariato, scopre in un’antica pendola del 600, scottanti documenti che fanno luce su una temibile e ramificata Setta Demoniaca.
Contemporaneamente viene ucciso un ispettore della Polizia di Firenze. Cosa hanno in comune questi due avvenimenti. A ricostruirne le fila è il dottor Giacomo Tornabuoni, esperto di medicina legale.
Un giallo magistrale. Un piccolo capolavoro in cui l’indagine poliziesca è contornata dal più fitto mistero.
Incipit
Quando si svegliò, Patrizia Testa si accorse di aver dormito tutto il pomeriggio. Evidentemente il lungo tragitto in treno, da Milano ad Arezzo, l’aveva stancata. Dalle finestre non filtrava nemmeno un po' di luce. Rimase ancora qualche minuto sdraiata a riordinare i suoi pensieri. Non era affatto scontenta della piega che avevano preso gli avvenimenti.
L’incontro in treno con il conte Ventimiglia e con il suo amico, il tenente del Sesto Reggimento Cavalleggeri di Aosta, Marco Salieri, era stato piacevole e, anche se le restava nel fondo un vago timore, era decisa a restare.
Sapeva benissimo cosa volevano da lei i due uomini e lei non si sarebbe tirata indietro. Era tanto tempo che non si concedeva una trasgressione e il conte Ventimiglia sembrava un uomo che sapeva fin troppo bene il fatto suo, e questa era già una garanzia, e anche Salieri, sebbene più timido e introverso, almeno a giudicare dalle apparenze, non era da buttare via.
Si affacciò alla finestra. Il vasto giardino che circondava la villa era immerso nell'oscurità su cui risaltavano le sagome nere delle querce secolari. Nell’ala nord della villa alcune stanze erano illuminate e in una di esse poteva distinguere una tavola apparecchiata per la cena. In piedi, accanto ad essa, due uomini stavano fumando. Evidentemente la stavano aspettando.
Un brivido di desiderio l’attraversò. Ciò che stava per vivere era assai più di una avventura ignota e tentacolare, era un mondo anche questo da esplorare. Non aveva mai fatto all’amore con due uomini contemporaneamente e, la sfacciata richiesta che le aveva rivolto il conte in treno, benchè l’avesse colta di sorpresa, quell’uomo sapeva leggere nella mente delle donne, anziché indignarla, l’aveva divertita.
C'erano istanti nei quali il fascino e il brivido del sesso la prendevano sin quasi a farla soccombere di fronte a quello strano potere maschile. Ma era un attimo: si riprendeva, sempre, giudicando quel brivido una semplice sensazione e, dunque, riusciva sempre a mantenere la sua libertà di azione.
Aveva scoperto, negli anni e nelle innumerevoli avventure che si era concessa, che gli uomini, riconoscenti alle donne per l'atto sessuale, lasciavano dentro di lei parte della loro anima. Che fossero timidi, imbronciati o beffardi, che l’amassero o la considerassero una puttana, le donavano, volenti o nolenti, sempre una parte di loro. Ma questo faceva parte della natura degli uomini: ingrati e mai soddisfatti.
Se li respingeva, la odiavano perché li aveva respinti e, quando, al contrario, li desiderava, loro la odiavano ancora, per una ragione o per un'altra. Erano tutti dei bambini insoddisfatti che anelavano ad avere la piena proprietà della loro bambola, inappagati da quello che lei concedeva, da quello che lei non poteva dare.
Si denudò e contemplò la propria nudità davanti a un grande specchio. Non sapeva esattamente cosa stava cercando. E, tuttavia, avvicinò la lampada in modo tale che la illuminasse meglio.
Le venne spontaneo pensare, come già le era capitato di fare, quanto fragile e indifesa sembrasse quando era completamente nuda. Dava l’idea di una giovane vergine, di una ingenua ragazza priva di esperienze sessuali.
Gli uomini le dicevano che aveva una bella figura, fuori moda in un epoca, quella fascista, in cui si ricercava la bellezza muliebre e non quella adolescenziale da ragazzo. Nè alta nè bassa, possedeva una grazia languida e fluente che si poteva definire bella. E, se ad una prima erronea impressione, dava l’idea di qualcosa di diafano ed etereo, ben presto ci si accorgeva del suo corpo scattante, dei suoi seni a pera con le punte rivolte in alto, di un ventre concavo e levigato, giovane, palpitante che sovrastava due bellissime gambe, agili e snelle nella loro femminile rotondità.
Pur avendo trentacinque anni, ne dimostrava venti. L’immagine davanti a lei la fece sentire immensamente felice e piena di speranze. Il suo corpo aveva ancora la lucida lucentezza di una fine porcellana. E, se una porcellana all’interno era vuota, non si poteva dire altrettanto di lei.
Si era laureata in Lingue e Letterature Straniere, parlava correttamente l’italiano, il francese, il tedesco, l’inglese e lo spagnolo, che poteva alternare come se fossero le sue madri lingue. Si era, dopo la laurea, specializzata in archeologia ed aveva aperto a Milano e a Firenze due negozi di antiquariato, tra i più importanti di Italia.
Tra i suoi passatempi, oltre agli uomini, vi era l’esoterismo. Anche in questo campo si era affermata con varie pubblicazioni sui più misteriosi riti pagani e su le sette demoniache.
Stava pensando a questo quando un colpo di tosse la riportò alla realtà della stanza. Una ragazza dai lunghi capelli neri, che le scendevano sino alla vita, le aveva approntato la vasca da bagno con acqua calda.
Patrizia Testa la osservò. Sotto la camicetta, che indossava su una gonna lunga dal vago sapore zingaresco, emergevano appena le punte dei piccoli seni. La donna si chiese se era il padrone di casa a pretendere che la fanciulla non indossasse il reggiseno. Tutto faceva ritenere di sì, ma ritenne opportuno di non indagare.
Si immerse nella vasca da bagno. Vi indugiò a lungo, poi, impaziente di incontrare i due uomini, si vesti in fretta. Indossò sulla pelle un leggero e lungo abito da sera che scopriva, con la profonda scollatura, la parte superiore del seno, sin quasi alle punte. Sarebbe bastato inchinarsi un po’ perché esso si rivelasse in tutta la sua bellezza.
Bussarono piano alla porta. Era Marco Salieri.
— Io e il conte abbiamo visto la luce. Mi sono permesso di venirla a chiamare …. Si è riposata?
— Sì grazie, — rispose la donna. — Mi dispiace avervi fatto aspettare. Deve essere molto tardi.
— Non molto. Sono appena le dieci.
— Ma, forse, avrete fame?
Aveva messo volutamente una punta di ironia nella voce e la frase poteva avere un significato ambiguo. Ma l’uomo non rispose ed entrò nella stanza senza chiedere permesso. Era indubbiamente bello e per quell’incontro aveva indossato un abito sportivo che metteva in risalto il suo fisico da atleta.
Restò in silenzio, e Patrizia Testa si disse che era difficile leggere in quel volto. Forse più difficile che leggere in quello del conte. Non lasciava trapelare le sue emozioni. Era impossibile capire se l’ammirasse e la desiderasse. Forse, per lui, quell’avventura era routine o forse no.
Si avviarono per un vialetto alberato, nel fondo del quale la donna scorse il conte Ventimiglia che dava loro le spalle e sembrava non essersi accorto che si stavano avvicinando. Quando gli furono vicini, si voltò, al rumore dei passi, e venne verso di loro sorridendo:
— Lei è bellissima, stasera. E, il suo abito le rende onore. Se non vado errato è un modello di Elsa Schiapperelli.
— Si intende di moda?
— Anche. Ha riposato bene?
— Sì, e mi scuso per essermi svegliata così tardi.
— E’ stato un viaggio estenuante. E il treno non era certo molto confortevole.
Si misero a tavola.
La cena fu piacevole e gli argomenti trattati furono i più disparati. Parlarono dell’architetto Giuseppe Terragni che aveva iniziato a Como la costruzione della Casa del Fascio, della rivolta contadina ne El Salvador, soppressa con un massacro, della posa della prima pietra della città di Littoria, della proibizione da parte della Chiesa dei libri di Benedetto Croce, della vincita delle elezioni in Germania del Partito Nazista.
A questo proposito, il conte Ventimiglia, con gli occhi sfacciatamente posti sul seno della sua ospite, disse:
— Conosce la mistica nazista?
— Confesso di non essermi interessata di questo partito politico.
— Per lei che è amante dell’esoterismo, dovrebbe. Il misticismo nazista è un movimento völkisch basato su radici ideologiche mistiche che maturano dalle idee di Arthur de Gobineau, Guido von List, Jörg Lanz von Liebenfels, la cui influenza sul nazismo storico è fortemente comprovata. La Teosofia e la Thule-Gesellschaft sono state viste da Hitler come importanti figure e organizzazioni del misticismo nazista, che le considera fondamentali. Vi è una reale connessione fra l'autentica tradizione occulta tedesca e il pensiero nazista.
— Interessante, ma all’intellettualismo io preferisco l’azione, la ricerca sul campo di oggetti occulti, la prova di fenomeni demoniaci, la scoperta di sette occulte dedite al Satanismo.
— Sa che la Toscana è piena di misteri, segrete, leggende, fantasmi e posti demoniaci?
Patrizia Testa sorrise dentro di se. Lei era toscana ed abitava a pochi chilometri da Arezzo, ma non voleva che il conte sapesse tutto ciò. Per cui, sentì la sua voce che diceva:
— Sì, e non le nascondo che mi piacerebbe visitare qualcuno di questi posti.
— Solo in provincia di Arezzo ne abbiamo una infinita. A Camaldoli, ad esempio, può trovare la leggenda della processione dei monaci biancovestiti che salgono al cielo. A Borgo alla collina, nella chiesa di Donato a Borgo, può trovare il corpo di Cristoforo Landino, umanista, commentatore di Dante, morto nel 1498 e il cui corpo non si è mai corrotto. Sembra morto ieri. A Chiusi della Verna, nel Convento, vi sono le tracce della lotta che San Francesco ebbe con il demonio. A Cortona, nel Santuario di Santa Margherita, come nel caso di Cristoforo Landino, si può ammirare il corpo intatto della santa. A Monte San Savino, località Vertighe, vi è il Santuario piovuto dal cielo e privo di fondamenta. E a Lucignano d’Arbia nelle notti prive di luna si possono ammirare le Anime Bianche, creature evanescenti, avvolte in tuniche bianche che, con un lumino in mano, attraversano il paese.
Improvvisamente l’uomo le posò una mano sulla pelle nuda della sua spalla, tanto avanti che le sue lunghe dita sfiorarono lievemente con la punta l’inizio del seno. Un brivido di piacere la percorse. Si domandò se provocarlo e abbreviare l’attesa. La tentazione era più forte di quanto non volesse riconoscere e la certezza di cedervi le stava provocando già un piacere altrettanto tangibile di quello che avrebbe provato tra poco quando si sarebbe slacciata da sola il vestito o avrebbe lasciato a loro il compito di denudarla. Ma poi si disse che l’attesa stessa era una sottile voluttà.
— Ho sentito dire di una chiesa …..
Il conte la interruppe:
— Si riferisce alla chiesa di San Bernardo a Montepulciano?
— Lei mi legge nel pensiero!
— Non poteva essere altro che quella, per un’intenditrice come lei. Domani mattina la farò accompagnare là dal mio autista, ma ora non ritiene che sia venuto il momento di appartarci con il tenente Marco Salieri.

Il conte Ventimiglia allungò una mano sui seni di Patrizia Testa, liberi sotto il vestito e glieli strinse delicatamente. Quasi una impalpabile carezza. Una ondata di calore invase la donna. Mai nella sua vita aveva provato la stessa sensazione al contatto della mano di uomo. Sfiorava una piccola parte di lei, ma sembrava le afferrasse l’anima.

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