Intrigo a Berna:
Una avventura sentimentale di Eleanor LeJune
Presentazione
La
giovane Anna, giornalista in erba, viene inviata dal suo giornale a Berna per
scoprire che fine ha fatto un famoso multimilionario, Michael Wayne, che è
stato rapito da una banda che si definisce Ordine Nero.
Un
romanzo giallo-rosa, narrato in prima persona dalla giovane protagonista, che
ci fa scoprire l’animo di una ragazza semplice e sentimentale.
Remake
di un romanzo degli anni 40, riambientato negli anni settanta o ottanta,
Eleanor LeJune lo rielabora in chiave sottilmente erotica.
“Questa storia è incominciata nel momento in
cui Giacomo Orsini ebbe l’idea di sposarsi. Scapolo di professione, la notizia
del suo fulmineo matrimonio ci colse di sorpresa tutti quanti. Soprattutto me
che avevo sperato in qualcosa di più dalla breve relazione che avevo avuto con
lui.
I fulmini di Cupido colsero
Giacomo Orsini mentre si trovava in missione speciale a Berna con l'incarico di
chiarire il mistero Wayne... Sì: il mistero Wayne. Tutti parlavano ormai di
questa misteriosa storia. I giornali del mattino, del pomeriggio e della sera
non scrivevano altro sulla loro prima, seconda e terza pagina.
Le autorità di polizia
svizzera si trovavano infatti di fronte ad un enigma e tutti gli inviati
speciali erano affluiti a Berna da ogni parte della Svizzera e del Mondo per
cercare di risolvere l’intricata vicenda e telefonare intanto alle redazioni
dei loro giornali intere colonne sull'avvenimento.”
Incipit
Questa
storia è incominciata nel momento in cui Giacomo Orsini ebbe l’idea di
sposarsi. Scapolo di professione, la notizia del suo fulmineo matrimonio ci
colse di sorpresa tutti quanti. Soprattutto me che avevo sperato in qualcosa di
più dalla breve relazione che avevo avuto con lui.
I
fulmini di Cupido colsero Giacomo Orsini mentre si trovava in missione speciale
a Berna con l'incarico di chiarire il mistero Wayne. Sì: il mistero Wayne.
Tutti parlavano ormai di questa misteriosa storia. I giornali del mattino, del
pomeriggio e della sera non scrivevano altro sulla loro prima, seconda e terza
pagina.
Le
autorità di polizia svizzera si trovavano infatti di fronte ad un enigma e
tutti gli inviati speciali erano affluiti a Berna, da ogni parte della Svizzera
e del Mondo, per cercare di risolvere l’intricata vicenda e telefonare intanto
alle redazioni dei loro giornali intere colonne sull'avvenimento.
I
tipografi, le segretarie, i giornalisti cinematografici, i fotografi, le
disegnatrici della pagina destinata alla moda e il capo redattore, tutti
parlavano di una sola cosa: del mistero Wayne.
E i
passeggeri della metropolitana e le ragazzine che si fermano ad ammirare le
vetrine dei negozi di moda e le massaie che lavano in serie le fasce dei
neonati e i direttori generali che nei loro uffici sono in attesa che il
fattorino porti loro la solita tazza di caffè e i fattorini che si recano nel
vicino bar a prendere questo caffè... tutti parlavano sullo stesso argomento.
Nelle comunicazioni televisive del mattino, di mezzogiorno e della sera si
attendeva solo che l'annunciatore pronunciasse la frase: Il mistero Wayne risolto.
Si
trattava davvero di un avvenimento straordinario. Una cosa simile non era mai
accaduta in Svizzera: rapire un giovanotto in piena Berna, nella pacifica linda
Berna, sino allora immune dalla delinquenza comune od organizzata.
Ma il
fatto acquistava maggior rilievo per essere il rapito nientemeno che il signor
Wayne Junior e sottratto in pieno giorno dalla villa di suo nonno. Non che
questo giovanotto avesse compiuto qualche cosa di eccezionale.
Nemmeno
per sogno!
Egli
aveva impiegato i ventotto anni della sua esistenza terrena a prepararsi ad
ereditare, un giorno, i milioni dei Wayne. I milioni dei Wayne, ma soprattutto
la grande azienda Wayne: petrolio, fondi comuni di investimento e banche.
Si
trattava dunque proprio di questo Wayne, di Michael Wayne, del multimilionario
di domani. Infatti quanto poteva durare ancora il vecchio Wayne? Aveva oltrepassato
l'ottantina e rassomigliava molto al Andrew Carnegie degli ultimi ritratti: una mummia insecchita che non
vuol decidersi a morire.
La
nostra redazione aveva inviato Giacomo Orsini a Berna quale corrispondente
speciale per l'affare Wayne. E' inutile soffermarci a dire che Giacomo Orsini
nel campo giornalistico rappresenta un grosso calibro, il miglior giornalista
di Roma e dintorni.
Troppo
naturale quindi che io diventassi rossa dalla gioia quando un giorno Orsini mi
aveva degnato di una piccola conversazione. Ho solo diciannove anni, da circa
un anno sono addetta alla redazione del Giornale del Mattino e posso solo
intervistare stelle cinematografiche quasi sconosciute oppure politici di secondo
ordine oppure anche redigere dei rapporti sui furti negli appartamenti o altre
amenità di nessun spessore.
E'
pertanto comprensibile come questo grosso calibro, questo Giacomo Orsini,
colpisse la mia fantasia. Io dividevo in quell'epoca il mio angusto ufficio con
Surace, il cronista giudiziario, che era sempre appeso al telefono mentre io
per poter avere una comunicazione dovevo prenotarmi e attendere il turno.
Allora
di quando in quando capitava dentro Orsini, ma solo per chiedermi una
sigaretta. Egli voleva infatti togliersi il vizio del fumo e per far ciò
incominciò con il non comperarsi più sigarette e con il chiederle a tutti i
redattori, specialmente a me. Mi sentivo davvero molto onorata.
Sigaretta
dopo sigaretta un giorno mi disse che ero molto bella e non so come e non so
perché mi ritrovai tra le sue braccia. Nulla di speciale: qualche bacio, un
seno messo a nudo, una mano tra le gambe.
Non
che Orsini non tentasse di portarmi a letto, ma qualcosa mi diceva di non
cedergli. Non che io sia una moralista o una pudica, il sesso mi piace ma se
accompagnato dall’amore. E Orsini non concedeva nulla ai sentimenti.
Ma
torniamo all’affare Wayne. Giacomo Orsini si trovava da due settimane a Berna.
Dio solo sa da chi attingesse le sigarette. Forse dal collega De Anna della
Gazzetta del Mattino, pure inviato colà allo stesso scopo.
Orsini
non era riuscito a sapere nulla sul mistero Wayne, aveva però descritto con
lusso di particolari la villa nella quale abitava Michael e spedito una
malriuscita fotografia del giovane rapito.
Egli
aveva intervistato le due cameriere, il domestico, la vecchia cuoca e
l'autista. Aveva anche inviato per fax l'originale di un'intervista avuta con
il Sindaco di Berna.
Il
piccolo De Anna della Gazzetta del Mattino non vi era riuscito, tanto che il
redattore capo non potè fare a meno dal proclamare: Che grosso calibro quel Orsini! Aveva inoltre telefonato che la
vita a Berna era terribilmente cara e che bisognava fargli una consistente
rimessa. Ma in quanto al giovane Wayne e ai suoi rapitori, buio pesto!
Poi,
la notizia del matrimonio. Egli abbandonava le indagini per andare in viaggio
di nozze.
Era
un tardo pomeriggio ed io sedevo davanti al mio computer per scrivere del caso
piccante capitato ad una nota ballerina, la quale durante una trasmissione
televisiva, mentre eseguiva un ballo, aveva perso la propria gonna mostrando
che sotto non indossava nulla.
Apriti
cielo contro la poveretta che aveva portato l’indice di gradimento alle stelle
e che si era comportata scrissi io, nell’unico
modo in cui poteva comportarsi, uscendo
di scena.
Ma
questa cruda realtà aveva deluso i suoi ammiratori. Stavo per andare a prendere
un caffè, quand'ecco il telefono squilla nel nostro ufficio.
Surace
prende il cornetto e: Glielo dico subito,
risponde. Quindi rivolto a me:
— Il vecchio ti attende nel suo ufficio.
Lo
guardai stupita. Io, proprio io dovevo andare dal vecchio? Ciò non mi era
ancora capitato, perchè il vecchio, il redattore capo cioè, era solito chiamare
a sè solo i più importanti collaboratori.
Io
ricevevo gli ordini di lavoro da Surace che mi aveva comunicato, una volta, che
il vecchio qualche volta aveva lodato i miei articoli. Una volta però aveva
mutilato profondamente una mia relazione sulle condizioni sanitarie del
dormitorio pubblico comunale. Chiacchiere
infantili aveva concluso a commento del mio lavoro.
Ed
ora dovevo improvvisamente andare da lui.
Il
vecchio non era affatto vecchio. Dai quaranta ai cinquant’anni. Bell’uomo, dai
capelli brizzolati alle tempie e sempre impeccabilmente vestito. Lo si poteva
paragonare ad un divo. Affascinante, oltre ogni dire.
Inutile
dire che ero emozionata. Mi ravvivai i capelli, controllai che la gonna non
fosse troppo corta e che la camicetta non fosse sbottonata, volevo sembrare
quanto più che mai professionale ed entrai nell’ufficio della signorina Elsa,
la sua segretaria, la quale appena mi vide disse:
— Andate pure avanti, vi attende.
Il
cuore incominciò a battermi. Mi attende? Certamente è successa una catastrofe,
pensai. Mi licenzierà, devo averla fatta grossa. Forse la stella
cinematografica che ieri ho intervistata starà a cuore a qualche ministro ed io
ho avuto il coraggio di scrivere che i suoi capelli neri recentemente avevano
dei riflessi lilla... chissà...
Picchiai
alla porta. Il vecchio sedeva alla sua scrivania e guardava fuori dalla
finestra. Avanzai di due passi, mi fermai. Il vecchio mi fissò portando il suo
sguardo alla mia figura slanciata. Mi squadrò dall'alto in basso, con sguardo
compiaciuto.
Peccato,
pensai, forse sarebbe stato meglio tenere la camicetta slacciata ed avere
indossato una minigonna.
Puntando
il suo sguardo nel mio, mi disse:
— Accomodatevi, signorina Negri.
Mi
accomodai infatti sull'estremo spigolo della sedia, vicino alla sua scrivania.
Il suo sguardo era ora sul mio seno e la cosa mi metteva a disagio. Se non
avessi saputo che era persona estremamente seria, avrei cominciato a pensare
che volesse invitarmi a cena per poi….
— Il vostro collega Giacomo Orsini ha deciso
di essere dei più! — incominciò con voce stanca.
— Buon per lui — scoppiai a dire
involontariamente, con astio.
Il
vecchio sorrise e il suo viso si illuminò di una schietta umanità.
— Sì, buon per lui, ma mi indispone il fatto
che lo abbia fatto proprio ora che stava per concludere l’affare Wayne.
— Al cuore non si comanda — risposi io, ma
alla fine non volli aggiungere di più. Il sarcasmo delle mie parole era fin
troppo rivelatore dei sentimenti che avevo provato e che, forse, provavo ancora
per Orsini.
— Si, al cuore non si comanda. Orsini ritiene
che al momento sia inutile continuare le indagini a Berna.
Il
vecchio si interruppe.
— Sta bene, ma che c'entro io con tutto ciò?
— pensai.
— Accettate una sigaretta?
Mi
persuasi subito che non si trattava più di licenziamento. E la voce stanca
continuò:
— Le relazioni sulla villa dei Wayne, sulle
aziende omonime, sulle circostanze del ratto, ecc., sono già state trattate
ampiamente da Orsini. Anche se lui mi consiglia di non mandare nessuno a Berna,
io non sono d’accordo. Quello che mi importa per il momento è che ci sia
qualcuno a Berna che si interessi della cosa, che si metta giornalmente a
contatto con la polizia e personalmente tenti di scoprire qualche traccia. Il
nostro corrispondente fisso in Svizzera non ha tempo per dedicarsi anche a questa
indagine ed io non intendo cedere la risoluzione del caso a De Anna della
Gazzetta del Mattino che è sempre là ed è un abile elemento...
Io
intanto fumavo meditabonda senza nulla comprendere. Orsini ritorna. Il nostro
corrispondente in Svizzera non ha tempo. Ed allora? Dovrei concludere che il
vecchio intende mandarmi a Berna. Impossibile, nessuno pensa che io possa
dedicarmi al mistero Wayne. E' un compito per grossi calibri. Deve esserci un
malinteso.
— Non potreste prendere il treno della notte
per Berna? Avete ancora tre ore di tempo per preparavi.
Non
mi mossi. Aprii la bocca, squadrai il vecchio, chiusi la bocca, rimasi
immobile.
Il
vecchio frattanto pensava: E' una bella
idiota! Ma che ci posso fare? Orsini si è sposato. D'altra parte sembra che per
i prossimi giorni nessun avvenimento sensazionale sia imminente. L'affare andrà
a finire nel dimenticatoio. Peccato per il giovane multimilionario. La giovane
dovrà ad ogni modo andare a Berna e tenerci al corrente. E' necessario che
quotidianamente il giornale riproduca qualche riga sul mistero Wayne che tanto
commuove il mondo. La giovane è una triplice idiota ma è l'unica di cui mi
possa privare a cuor leggero nella redazione.
— Signorina Negri, potete partire allora fra
tre ore?
A
questo punto mi alzai improvvisamente e assunsi un atteggiamento energico.
Avevo ora ben capito. Caspita! Ecco finalmente arrivata per me la fortuna.
Parto per Berna e dimostrerò a tutta l’Italia che Anna Negri è una giornalista
di grosso calibro.
— Certo, signor caporedattore. Vedrete che non
vi deluderò.
Uno
sguardo ironico attraversò il suo sguardo.
— Il vostro zelo mi piace. E' una vera
fortuna, signorina Negri. Voi assumete il più arduo compito che possa incombere
ad una giornalista. Attendo le vostre telefonate giornalmente alle 14 e alle
22. Non dimenticate che in ogni nostra edizione dobbiamo riprodurre almeno
qualche riga sull'affare Wayne. Mettetevi alle calcagna della polizia criminale
di Berna e seguite le tracce anche le più lievi. Ogni particolare, per quanto
insignificante, può interessare. Tutta Roma attende i vostri rapporti.
Mi
stese la mano e aggiunse:
— Passate alla cassa, riceverete la diaria per
la prima settimana del vostro soggiorno a Berna. La durata di esso dipenderà
dalla piega che prenderanno gli eventi. Se non sopravverrà nessun mutamento
ritengo che potrete rientrare fra una settimana. La signorina Elsa vi ha già
preparato tutti i rapporti fin qui pubblicati sul mistero Wayne e inoltre un
libro che tratta dell'azienda Wayne. Potrete leggere tutto ciò durante il
viaggio per formarvi una idea generale sull'argomento. Buon viaggio, signorina
Negri.
Ci
sono dei momenti nella vita degli esseri umani in cui uno si sente
completamente irresponsabile. Questo momento era giunto ora anche per me. Ero
già arrivata alla porta quando improvvisamente mi voltai esclamando:
— Signor caporedattore, al mio ritorno prego
di volermi aumentare lo stipendio.
— Non è questo il momento per simili
discussioni. Prendete subito un'auto e andate a casa. Imballate i vostri migliori
vestiti per far bella figura a Berna e telefonate i vostri rapporti. Tutto il
resto è accessorio.
— No, — risposi insistendo nella mia
irresponsabilità, — non è una cosa
accessoria. Se assumo un compito lo so anche condurre a termine. Sono decisa a
scoprire dove è il giovane Wayne e a portarvelo vivo o morto a seconda dello
stato in cui lo troverò. Ma in cambio voglio un aumento di stipendio.
Il
vecchio allora si animò. Alzatosi vivacemente si precipitò verso di me e mi
accarezzò una guancia scoppiando in una grassa risata. Rise fino alle lacrime.
In questo momento egli non rassomigliava più ad un divo del cinema che per
errore si fosse perduto in una redazione, ma piuttosto si profilò in lui nitida
la figura del giornalista grosso calibro che solo un caso aveva portato al
tavolo di caporedattore.
— Tu, piccina, proprio tu vorresti portarmi
Wayne, mentre Orsini e tutti gli altri non sanno raccapezzarsi e la polizia di
Berna lo cerca in mare in terra e nell'aria. Proprio tu vuoi portarmelo.
Certamente andrai a finire male con le tue idee insensate, ma non è escluso che
tu possa riuscire. Tu sei matta, bambina mia, ma mi piaci!
Ero
ridiventata ragionevole e modesta. Il viaggio mi incuteva un'angoscia mortale.
Non ero mai stata a Berna e per quanto riguardava la lingua tedesca l'avevo
solo imparata a scuola, anche se sapevo parlarla in modo fluente. Allora la mia
professoressa aveva detto che la mia pronuncia era pietosa. Mi sentii venire il
capogiro e cercai d'infilare la porta.
La
signorina Elsa mi aveva nel frattempo consegnato un fascio di ritagli di
giornali e un libro. Subito mi saltò agli occhi in lettere cubitali il nome:
Wayne. Il cassiere mi versò per una settimana più danaro di quanto io ne
consumavamo in un trimestre. Sulla scrivania del mio piccolo ufficio c'era già
il biglietto ferroviario. Il collega Surace udì che telefonavo per un tassì.
— Sei pazza da legare, — mi disse, — comperati piuttosto delle calze più
eleganti. Quelle che hai sono proprio da educanda.
— Devo affrettarmi — risposi. — Ho un incarico importante, devo scoprire
dove è il giovane Wayne.
— Anna, cara piccola Anna, — replicò
costernato Surace — hai perduto la
ragione.
Quindi,
dolcemente, come si fa coi bambini e coi matti, aggiunse:
— Orsini ha già questo incarico.
Nel
frattempo il fattorino spalancò la porta.
— Signorina Negri, il tassì è pronto.
— Orsini si è sposato ed ora è in viaggio di
nozze, — dissi a Surace.
— Si è sposato? Ma che mi dici mai. Lo scapolo per eccellenza! — disse Surace.
Ma io
era già fuori dall'ufficio.
Due
ore e mezzo più tardi ero sul treno diretto a Berna.
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