Il Mistero del
Teatro della Morte di Paolo Trenti
Presentazione
La sera in cui Brian Clarke rifiuta
la proposta di matrimonio della bella e affascinate prima donna del Teatro
Garrick, Sarah Siddons, la stessa viene trovata morta per avvelenamento.
Le indagini dell’ispettore di
Scotland Yard, Seton, si appuntono subito su pochi sospetti ed egli va avanti
nella sua indagine convinto di aver individuato il colpevole o i colpevoli, ma
nel finale della storia, con sua grande sorpresa si deve ricredere.
Come si deve ricredere il lettore,
che sarà sorpreso anche lui per l’inaspettato finale.
Un giallo atipico che si svolge nella
Londra del primo novecento, all’interno di un teatro. Una lettura piacevole,
scorrevole, che ci farà amare i suoi protagonisti e che rispecchia in pieno i
canoni della Detective Story.
Ma che cosa è una detective story?
“L'elemento
fondamentale di una detective story è la soluzione di un mistero, un mistero i
cui elementi sono presentati in maniera chiara al lettore all'inizio della
storia e la cui natura è tale da suscitare la curiosità del lettore, una
curiosità che viene ripagata alla fine.”
(Ronald Knox Best Detective Stories,
1939)
Incipit
Durante il lungo percorso nella luce del sole mattutino i
pensieri di Brian, quella fuga insensata, Sarah, la sua passione, si erano
dissipati come nebbia, ed egli era eccitato come un ragazzo che inizi un viaggio
verso una meta ignota. Passata Eastbourne tutto era svanito, tranne il suo
desiderio per l’attrice. Aveva sorriso guardando fuori dal finestrino.
Sotto, sulla strada, era passata una luccicante banda di
arlecchini. Ne era salito un suono variopinto, e Brian aveva sorriso ancora
compiacendosi della musica, del fragore e del bagliore della banda, del
movimento dei buffoni vestiti di rosso, oltre il parco. La folla si spingeva
allegramente fuori della chiesa. Come mai, era domenica? Il tempo per lui non esisteva.
Lungo la costa, le donne, nei loro costumi castigati,
azzurro e lillà, si muovevano allegramente, era tutto imbandierato e tutto
volteggiava agile alla luce del sole.
E al di là di tutto questo c'erano i silenziosi pendii della
collina, c'era Sarah. La prima attrice del Teatro Garrick di Londra, la diva
che mandava in visibilio folle di spettatori, soprattutto nella scena finale
del primo atto, in cui si liberava di tutti i suoi vestiti, rimanendo
completamente nuda, sarebbe stata sua.
Era tutto così meraviglioso che Brian riusciva ad essere
paziente, nonostante il desiderio per la donna si facesse sempre più pressante.
Un desiderio che era nato all’improvviso, in un momento di debolezza di Sarah.
Non sapeva esattamente cosa era successo, ma, all’improvviso, una sera, Sarah
era piombata nel suo studio ed egli aveva colto nei suoi occhi un’ombra di
tristezza. Se ne era meravigliato perché la donna non sembrava proprio il tipo
della donna romantica o introversa.
Ma quello sguardo, quella sera, erano velati da una strana
ombra e mentre lo fissavano si erano fatti scuri come un cielo pieno di nuvole.
E, in quelle nuvole, egli aveva scorto, forse per la prima volta, la sua vera
essenza.
E, nel colore di quegli occhi, grigi, verdi, azzurri, neri,
non avrebbe saputo dirlo, vide le nuvole, la pioggia, il temporale, la bufera
ma anche la luce di rossi tramonti e le folate di un vento caldo e torrido: era
come se in lei ardesse una fiamma di cui forse non era consapevole.
Non aveva detto una parola. Lo aveva attratto a se e lo
aveva baciato.
Aveva sospirato profondamente, elettrizzato a quel pensiero.
Ma non doveva essere impaziente. Il treno aveva rallentato nella città dove i
buffoni vestiti di rosso, gli uomini vestiti ridicolmente d'azzurro e tutte le
donne dai vestiti sgargianti, che erano uscite dalla chiesa, si agitavano come
se la strada fosse una bolgia infernale.
Il treno era scivolato via avvicinandosi alla stazione
centrale. Ancora un attimo e fu nella sudicia stazione. Il giorno splendeva e
Brian venne afferrato dall'ansia. Sentiva il vento gonfiarsi sotto di lui e si
era guardato intorno.
Al di là della spiaggia, il mare era azzurro come un fiore
di pervinca, ravvivato qua e là da vele d'oro, bianche e sanguigne. In piedi
sulla banchina, si abbandonò alla brezza ed al mare, sentendosi come una delle
vele purpuree, come se ne avesse fatto parte.
Fuori dalla stazione, a sinistra si ergeva la fortezza
rotonda, elegante, solida, solitaria. Al di là, comparivano prati e boschi. Le
case si affollavano su un lungo viale per dargli il benvenuto.
Mentre guardava nella foschia l'estremità del molo, grandi
schiere di nuvole pesanti scagliarono la loro ombra su Brian che ebbe un
tremito nel vento freddo. Sulla pianura vicino a Eastbourne il vento gemeva
come l'accordo di molti arpe. Tutto il cielo era grigio. Brian aveva atteso
triste alla stazione di Eastbourne, che il vento freddo spazzava con violenza.
Era domenica, la stazione e le strade vuote erano prive di significato. Brian,
indossato il soprabito, s'era seduto. Tutta l'esaltazione della mattina se
n'era andata, benché brillasse ancora una grande speranza. Aveva dormito
solamente due ore, la notte. Era svuotato, come un uomo che dopo essersi
ubriacato di gioia, tenti di disintossicarsi.
Poi, la vide. Improvvisamente il cuore di Brian si svegliò
cominciando a pulsare con violenza.
— Tu qui? — aveva esclamato con uno strano tono.
Brian si era sentito invadere da una lucida indifferenza,
come se avesse preso qualche calmante. Era meravigliato di se stesso. Sembrava
che ogni fibra del suo corpo fosse stupita dall’improvvisa calma che lo aveva
pervaso.
E constatò, con tristezza, che egli non amava quella donna.
La desiderava, soltanto.
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