La Dama Rossa
uccide tre volte di Hank Monk
Presentazione
Il banchiere Gaetano Busoni incarica l’investigatore privato
Giovanni Belzoni di far luce sulla scomparsa di suo figlio. Belzoni si mette
all’opera con l’aiuto di Luigi Bernacchi, il suo giovane allievo, e del
commissario Morandini.
Dovrà vedersela con la Dama Rossa, una spietata e astuta
Dark Lady, cui non difetta l’assassinio.
Incipit
Attraverso
le strade del sobborgo del Testaccio a Roma, si muoveva lentamente un vecchio
dal passo vacillante, proprio mentre il sole sorgeva fugando con i suoi raggi
le nebbie mattutine.
Nella
luce scialba che annunciava alla città di Roma il nuovo giorno, quel vecchio
aveva un aspetto spettrale, ma quando lo si guardava in faccia, si capiva
subito che si aveva a che fare con un ubriacone, con un bevitore di liquori
abituale.
Ciò
si deduceva dalla spaventevole magrezza della sua persona, il cui portamento
doveva essere stato una volta dritto e fiero, ma che adesso si era curvato
sotto il peso degli anni. E dalle sue guance color rame, dal naso, che non era
dissimile ad una piccola roccia di basalto rosso, nella quale il mare avesse
scavato delle caverne e finalmente dai suoi occhi di un color grigio languido, che
lacrimavano quasi sempre.
Eppure
l’aspetto di quel vecchio non era, nel suo insieme, troppo ripugnante. Anzi,
aveva persino un qualche cosa di piacevole, e più di un pittore sarebbe stato
contento di trovare un modello simile, per fare un quadro, che avrebbe potuto
intitolare: «Un mendicante di Roma».
Infatti
Montorsi era un mendicante.
Apparteneva
a quella grande corporazione, i cui membri si contano a centinaia, e che
frugano fra tutti i rifiuti che vengono gettati sulla strada dalle famiglie romane,
per vedere di trovarvi qualche cosa di utilizzabile.
Si
dedicano specialmente alla ricerca di stracci e di pezzi di carta, che portano
ai rappresentanti delle cartiere.
Perchè,
malgrado le recenti invenzioni fatte negli ultimi decenni dalle quali è
risultato che si può fabbricare carta con il legno ridotto in polvere, la carta
migliore è pur sempre quella fabbricata con gli stracci.
Anche
in quel mattino, Montorsi portava il suo sacco sulle spalle che teneva con la
mano sinistra, mentre con la destra reggeva quella specie di bastone uncinato,
che portano tutti i mendicanti e che serve loro per frugare fra quei monti di
rifiuti e di immondizie, che di notte si accumulano nelle strade.
Il
vecchio non portava mai un cappello nè un berretto, nè d’estate, nè d’inverno.
Però la sua testa era coperta d’una capigliatura bianca così folta, che bastava
a ripararlo dal caldo e dal freddo.
In
quanto al suo vestiario, un osservatore poteva giustamente supporre che fosse
composto dalla sua giornaliera raccolta di stracci.
La
giacca, di un color giallo scuro, che indossava Montorsi, doveva averla trovata
in qualche strada del sobborgo Testaccio perchè pareva che fosse stata, in
origine, la mantellina di un automobilista, ch’egli aveva trasformato con un
abile taglio in un indumento adatto per lui.
I suoi
pantaloni turchini dovevano aver appartenuto in tempi passati a qualche
bell’ufficiale di marina e soltanto la camicia turchina sembrava fare
eccezione. Il vecchio doveva averla comprata nel sobborgo di Portuense, in
qualche botteguccia dove si vendono abiti usati.
Montorsi
canticchiava una canzone allegra, perchè aveva già in capo la sua abituale
porzione di vino, ed era perciò di umore allegro.
Andava,
come si è detto, da un mucchio d’immondizie all’altro frugando con il suo
uncino, ma in quel giorno, o per dir meglio, in quella notte, la raccolta era
stata molto scarsa. Un fazzoletto, impregnato ancora di un forte profumo in uso
in certi salotti, un paio di calze di seta, che dovevano aver appartenuto prima
alla padrona e poi alla cuoca di una qualche famiglia signorile, ed una vecchia
pignatta, che si poteva forse vendere per due o tre soldi, costituivano tutto
quanto di meglio aveva trovato Montorsi, oltre stracci e pezzi di carta
destinata alla cartiera.
— Tempi
tristi! Tempi tristi! — diceva Montorsi. — La gente non è più spensierata come
una volta, ciò si vede nel nostro mestiere. Se rammento quante belle cose si
trovavano in passato nel sobborgo Testaccio ed in altri quartieri signorili di Roma:
cucchiai d’argento, qualche anello e persino delle monete ed anche dei gioielli
di un certo valore, che venivano spazzati e gettati via con le immondizie.
Allora
il nostro mestiere dava da vivere ad un povero uomo, mentre adesso basta appena
per qualche bicchierino di «vino». E’ proprio una vitaccia!
Nel
dire così, Montorsi si fermò davanti un mucchio d’immondizie, nel quale si
diede a frugare con il suo bastone uncinato, mentre in pari tempo alzava gli
sguardi sulle finestre di una casa signorile le cui persiane erano tutte
abbassate.
— Dormono
quei furfanti che non si ubriacano con l’acquavite, bensì con lo spumante! —
mormorò. — Ebbene, non li invidio per questo. Ubriachi d’acquavite o di spumante,
in fondo è tutt’uno, e resta a sapersi se una sbornia di spumante la preferirei
ad una sbornia di vino. L’uomo è un animale che non può liberarsi dalle sue
abitudini. Del resto, chi può assicurare che la gente cui appartiene quella
casa, non vada un giorno a raccogliere i cenci nelle vie di Roma? Anche a me
nessuno me lo avrebbe predetto, quando ero in fasce. Una volta ero anch’io un
uomo ben vestito, che portava scarpe di vernice ed avevo in tasca una borsa
piena. Ma il vino, le donne e tutte quelle centinaia d’altre sciocchezze che si
fanno nel corso della vita.... In principio si scende adagio, ma poi di gradino
in gradino a precipizio. Niente.... non c’è niente! — continuò il vecchio,
gettando da parte, sprezzantemente una cassetta di sigari vuota. Non vale
neppure la pena di chinarsi per ciò che oggidì si trova sulla strada. Basta,
andiamo avanti! Forse ci sarà qualche cosa da fare sul viale. Lì si aggirano
sempre le mondane e data la loro petulanza, gettano via talvolta, qualche cosa
che vale la pena d’essere raccolto.
Montorsi
andò innanzi col suo sacco con passo vacillante, e giunse sull’angolo del viale,
in quell’ora alquanto deserto.
I fanali
erano già spenti, e la luce del nuovo giorno aveva ricacciato nei loro nidi
tutti quegli uccelli notturni, che infestano quei luoghi durante la notte.
— Ecco
lì il solito mucchio d’immondizie — disse Montorsi dirigendosi verso una specie
di nicchia praticata in un muro. — Non so perchè m’immagino sempre di trovarvi
qualche cosa che mi porti fortuna. Vediamo se non vi sia qualche cucchiaio
d’argento e, meglio ancora, un orologio d’oro. Ne avrei proprio bisogno. Nella
mia stamberga si fa magra cucina da molto tempo ed anche il prezzo dell’vino
continua a crescere.
Nel
medesimo istante in cui Montorsi stava per affondare il suo bastone nel mucchio
d’immondizie, una ragazza svoltò l’angolo.
Era
una fanciulla di circa diciott’anni, di una bellezza sorprendente, snella nella
vita, dal seno turgido, dal volto bello e regolare, e dalla chioma di un biondo
rosso di un’opulenza rara
II suo
abbigliamento era piuttosto misero, ma si era adornata alla meglio, con quella
certa civetteria che dimostrava che voleva piacere.
Montorsi
si fermò ad un tratto, si fece schermo agli occhi con la mano e fissò quella
bella creatura, che voleva passargli rapidamente accanto.
—
Flora figlia mia, sei tu? — esclamò il vecchio. — Quale strana combinazione
d’incontrarti! Sono dei mesi che non ti ho veduto.
La
ragazza dalla splendida chioma rossa si fermò.
Guardò
con indifferenza il vecchio, e dopo di essersi accertata con un rapido sguardo
che non c’era nessuno lì vicino, rispose:
— Buon
giorno, vecchio mio! Sei un po’ ubriaco come al solito. Non puoi smettere di
bere quel maledetto vino?
— Non
ne vale la pena, Flora — replicò il vecchio mendicante, ridendo bonariamente. —
Per quei pochi anni di vita che mi restano dovrei fare un grande sforzo su me
stesso ed a che scopo? Ma mi pare, bimba mia, che le tue faccende non vanno
male. Porti una camicetta di seta che non è precisamente nuova, e delle
scarpette color bronzo dorato.... E, per Dio! calze di seta, ed una sottana
bianca!
— Tutta
roba che non vale la pena di parlarne — disse la ragazza in tono asciutto. — Ma
credimi, vecchio mio, che sono stanca. Se potessi trovare uno che mi sposasse
fosse pure un impiegatuccio o un operaio che guadagnasse soltanto il pane
quotidiano, lo prenderei, pur di cambiar vita
— Non
avevi bisogno d’entrarvi, Flora — le rispose il vecchio mendicante con serietà.
— Se tu fossi rimasta nella mia stamberga non ti sarebbe mancato nulla. Se
anche sono un beone, un pitocco, non puoi dire che io ti abbia mai fatto patire
la fame. Per te c’è stato sempre un pezzo di pane.
La
ragazza arricciò sprezzantemente le labbra.
— T’immagini
forse, — disse ella — che potevo accontentarmene, e che volevo intristire nella
tua stamberga? No davvero! Almeno ora posso mangiare a sazietà ed ho scarpe ai
piedi. Guarda, questo Vittorio Emanuele II d’oro me lo ha regalato oggi un
signore — soggiunse togliendosi di tasca una moneta d’oro insieme a diverse
d’argento. — Quando mai avrei veduto una moneta simile se fossi rimasta con te?
Per questo ho preferito andarmene.
Montorsi
sorrise mestamente.
— Già,
non poteva essere altrimenti — osservò sospirando.
E
poi continuò a frugare col suo uncino nel mucchio d’immondizie.
— Senti,
Flora — disse ad un tratto, mentre quell’affettuosa ragazza stava per andarsene
— dovresti almeno regalarmi qualche soldo. Tu ne hai abbastanza.
— Cosa
mai ti viene in mente? — esclamò ridendo quella figlia snaturata — credi forse
che io non abbia bisogno del mio denaro? Bisogna tener di conto.
—
Soltanto due soldi. Flora, perchè possa comprarmi per colazione una ciliegia
nello spirito — supplicò il vecchio.
— Ohibò!
— esclamò la ragazza ridendo — credi forse che abbia voglia di favorire il tuo
vizio? Hai già bevuto troppo. Vai a casa e dormi.
— Sfacciata,
impertinente! — mormorò il vecchio mendicante digrignando i denti.
E
per sfogare la sua rabbia, diede un colpo così violento sul mucchio
d’immondizie, che questo si sfasciò.
— Vorrei
che.... vorrei che....
Montorsi
non compì la frase.
Lasciò
cadere il suo bastone e raccolse un oggetto nero dal mezzo delle immondizie.
— Ohi!
vecchio mio, che cos’è quella roba? — gli chiese Flora che si era avvicinata in
fretta. — Per Dio, è un portafoglio!
— Sì,
è un portafoglio — esclamò giulivamente Montorsi, le cui mani tremavano.
Barcollava, come se stentasse a reggersi in piedi, ed i suoi occhi languidi
erano animati dall’immensa eccitazione.
— Sì.
Flora è un portafoglio — ripetè — e scommetto la mia testa che non è vuoto.
Forse vi troverò del denaro. Lo sapevo che il mucchio d’immondizie in questa
nicchia, doveva portarmi fortuna.
Il
vecchio mendicante balbettò con stento queste parole. Era tanto eccitato che esitava
ad aprire il portafoglio.
— Fa’
presto, vecchio — gli disse Flora con impeto. — Vuoi aspettare che venga
qualcuno e che tu debba consegnare il portafoglio alla polizia? Presto,
guardiamo che cosa c’è!
Nel
dire così, strappò il portafoglio dalle mani del vecchio e lo aprì. Un grido di
gioia e di sorpresa ad un tempo le sfuggì dalle labbra.
Ma
anche il vecchio mendicante si era precipitato sul portafoglio e mentre le mani
di Flora frugavano nell’interno, egli divorava quasi con gli occhi le banconote
che ne estraeva.
— Mille,
diecimila, centomila! — gridava Montorsi con voce rauca — e ancora, mille e
mille.... è.... un mezzo milione!
— Sì,
sarà un mezzo milione — affermò la ragazza con voce cupa. — Sa il diavolo chi
ha perduto questo portafoglio. Basta, chiunque sia, non lo riavrà mai più!
—
No, non lo riavrà mai più, mia cara figliuola — confermò il vecchio Montorsi,
barcollando e con la lingua grossa. — Sarei matto a restituirlo. Mezzo milione
di lire! E’ la ricchezza Flora. Possiamo ammobiliarci un bell’appartamento, e
vorrei che mi cascasse la lingua se berrò ancora dell’acquavite. Berrò spumante,
Flora, e ti comprerò degli abiti di seta, e ti procurerò un marito che ti andrà
a genio. Sarai una ragazza ricca. Vedi, se anche mi hai negato due miserabili
soldi, un padre è sempre un padre, e noi vivremo entrambi felici con questo
denaro. Dammi il portafoglio — soggiunse dopo una breve pausa.
Ma
le mani bianche della ragazza tenevano stretto il portafoglio, e lo stringevano
contro il suo seno. I begli occhi neri erano stranamente dilatati, ed ella
fissò il vecchio con uno sguardo simile a quello di un animale di rapina.
— Il
portafoglio? — esclamò audacemente la sgualdrina, — no, vecchio mio, non te lo
dò! In pochi giorni non ci resterebbe più nulla. Tu continueresti ad ubriacarti
e durante l’ubriachezza diresti delle sciocchezze, ed avresti ben presto la
polizia alle calcagna, ed allora... allora addio per sempre alla vita allegra e
splendida. Il denaro lo tengo io, e tu potrai venire, di quando in quando, a
prenderti una decina di lire.
Montorsi
sporse innanzi la testa canuta e guardò sua figlia con un’aria fra la collera e
l’incoscienza
— Eh,
che cosa hai detto? — balbettò. — Non vuoi rendermi il portafoglio? Ma chi ha
trovato il tesoro? Infame canaglia, io, Montorsi, l’ho trovato, e tu devi
essere ben contenta se ti darò qualche migliaio di lire. Dammi subito il
portafoglio, ti dico, oppure.... Sai che Montorsi sa picchiare sodo anche
quando è ubriaco.
La
ragazza si era sbottonata la camicetta, ed aveva fatto sparire il portafoglio,
ponendoselo in seno. Con mano tremante voleva riabbottonarla in fretta, ma Montorsi
emise un grido di rabbia e si scagliò su di lei.
Le
sue mani stavano per porsi intorno al suo collo, mentre con voce rauca ruggiva:
-—
Il mio denaro.... voglio il mio denaro.... Vuoi forse derubarmi? Bada, ragazza,
che ti strozzo, se tu....
Ma
in quel momento Flora diede con tutta forza uno spintone nel petto al vecchio,
che perdette l’equilibrio e cadde sul mucchio d’immondizie con un grido acuto.
Flora
gettò uno sguardo intorno a sè, e si convinse che non c’era nessuno nella strada,
e che nessuno poteva vederla ed udirla.
Con
rapida mossa si chinò, afferrò il pesante bastone uncinato che giaceva accanto
al mendicante, ed alzandolo:
— Vuoi
forse sbarrarmi la via che conduce alla felicità, vecchio ubriacone? — disse
quella figlia snaturata alzando il bastone. — Devi andartene, perchè mi impediresti
sempre di fare fortuna. Devi essere freddo e muto per sempre, soltanto allora
sarò tranquilla.
E
sollevando il bastone con le due mani, assestò un colpo formidabile sulla testa
del mendicante, proprio nel momento in cui Montorsi tentava di rialzarsi. Una
punta dell’uncino, penetrò profondamente nel capo del misero mendicante, che
ricadde subito all’indietro.
Un
secondo colpo gli spezzò il cranio, facendo spruzzare tutt'intorno il sangue e
la materia celebrale. Allora Flora scagliò lungi da sè il bastone, e fuggì,
attraversando di corsa il viale e svoltando poi in una strada laterale.
Non
udì più gli ultimi rantoli di suo padre, da lei assassinato. Non vide gli occhi
del misero vecchio diventare vitrei, nè il suo corpo contorcersi negli ultimi
spasimi dell’agonia.
Con
passo leggero e saltellante, andava innanzi come se nulla fosse avvenuto. Ben
presto scomparve.
I
viandanti che tre ore dopo popolavano il viale e le vie della grande metropoli,
in procinto di recarsi ai loro lavoro, si fermavano in quel mattino sugli
angoli delle vie ai quali si leggeva a grandi lettere quanto segue:
«Premio 10.000 lire.
Ieri, verso le quattro del
pomeriggio, il fattorino della Banca Gaetano Busoni, via Veneto 11, di nome Enrico
Girandini, ricevette 500,000 lire in tanti biglietti da mille, con l’incarico
di depositare questo denaro presso il Banco di Milano, sul conto corrente della
Ditta. Girandini, come si è constatato due ore dopo, non si è presentato alla sede
principale del Banco di Milano, quindi non ha eseguito l’incarico ricevuto.
Invece, dal momento in cui ha lasciato la Banca, è scomparso, talché è
giustificato il sospetto che il suddetto Enrico Girandini sia fuggito col
denaro. Enrico Girandini ha 57 anni, è di statura alta e segaligna, ha capelli
grigi folti, baffi grigi ed occhi grigi. Segni particolari nessuno. La Ditta Gaetano
Busoni corrisponderà a colui che arresterà Enrico Girandini un premio di 10,000
lire. E dato il caso che si ottenesse il recupero della somma rubata, il premio
verrà elevato a lire 30.000.
Il Prefetto di Polizia».
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