lunedì 11 aprile 2016

La Pergamena del Conte Ugolino



La Pergamena del Conte Ugolino di Anna Caterina Grees

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Presentazione
Quale mistero racchiude la Pergamena del Conte Ugolino? Cosa turba la signora Piacentini, la moglie del Podestà di Pisa? Cosa nascondono le signorine Lehman, ossessionate dalla Pergamena? Perché lo stesso Hitler desidera impossessarsi della Pergamena? Esistono veramente i fantasmi? Questi e altri misteri è chiamata a risolvere la signorina Aurora Sandrelli, assunta dal Podestà di Pisa quale dama di compagnia di sua moglie.
Incipit
Il carceriere impugnò la spada con mani tremanti e avvertì appiccicose gocce di sudore colare sulla pelle, alla vista poco attraente dei cinque cadaveri che giacevano scomposti sul rozzo pavimento, di fronte a lui. Era evidente che prima di morire il Conte Ugolino aveva divorato i propri figli ed i suoi nipoti, forse, dopo averli strozzati.
Cavalca, il carceriere si trovava in una piccola sala, priva di qualsiasi mobile, illuminata appena dai raggi della luna che trapelavano dalle nicchie aperte lungo il muro della facciata dell’edificio. Rabbrividì. Non si era ancora abituato a quel posto, sebbene vi prestasse servizio di guardia già da qualche anno.
La Torre della Muda, che prendeva il proprio nome dal fatto che in precedenza vi venivano rinchiuse le aquile allevate dal comune di Pisa durante il periodo della muta delle penne, era stata trasformata a prigione per ordine dell’arcivescovo di Pisa, Ruggieri degli Ubaldini, che aveva dato l’ordine di murare vivo il Conte della Gherardesca, non avendo pietà nemmeno per i suoi figli ed i suoi nipoti, appena adolescenti.
Per giorni Cavalca aveva udito i gemiti di quei cinque poveri esseri e per giorni si era turato le orecchia per non impazzire.
Ora, nella solitudine della notte, Cavalca era fermo nella piccola stanza silenziosa, e fissava, steso sul pavimento, il cadavere di quello che era stato uno degli uomini più ricchi e potenti di Pisa.
Ugolino, infatti, aveva ricoperto un'importante serie di cariche nobiliari: era stato Conte di Donoratico, secondo in successione come Signore del Cagliaritano e Patrizio di Pisa, poi era divenuto Vicario di Sardegna, nel 1252, per conto del Re Enzo di Svevia, ed era diventato podestà di Pisa dal 1284 sino a luglio 1288, quando era stato deposto dal ruolo di capitano del popolo.
Dio, come era diverso, pensò il Cavalca, dall’uomo che un tempo passeggiava in via Santa Maria sul suo cavallo bianco, arrogante e dominatore, con gli occhi neri che mandavano lampi di vitalità magnetica.
La gente che lo aveva avuto in odio difficilmente avrebbe riconosciuto Ugolino della Gherardesca nel disfatto mucchio di ossa e carne rinsecchita che giaceva al suolo, negli strappati abiti fatiscenti.
La faccia era scheletrica, gli occhi sporgevano dalla testa e la lingua ciondolava dalla bocca spalancata. Le sue inesistenti mani erano rivolte in alto in un gesto di preghiera. Una pergamena di carta era stretta nelle sue dita scarnificate.
«Cosa sarà mai?», pensò la sentinella, inquieta. «Come ha fatto a giungere qui
Poi si immobilizzò, con gli occhi sbarrati e i capelli ritti sulla nuca. Perché come evocata dall’inferno stava avanzando una nera figura.
Cavalca vide un giovane alto, di corporatura possente, vestito da cavaliere. La pelle era scura come se fosse stata abbrustolita dal sole del deserto e Cavalca lanciò un'occhiata inquieta alle larghe spalle, al torace robusto e alle energiche braccia. Una sola occhiata ai lineamenti severi e alle spesse sopracciglia gli bastò per capire che l'uomo non era un cristiano. Sotto il ciuffo spettinato di capelli scuri covavano due temibili occhi neri. Una lunga spada, come quelle usate dai mori, gli pendeva dalla cintura.
Cavalca si sentì accapponare la pelle. Impugnò ancora più saldamente la spada con una mezza idea di avventarsi sullo straniero, ma non lo fece, per timore di quel che sarebbe potuto accadere se non fosse riuscito a dargli la morte al primo colpo.
Il moro guardò, più interessato che stupito, i corpi stesi al suolo.
Quando sono morti, — chiese.
Credo da qualche giorno, — rispose Cavalca, indietreggiando lentamente.
Sei il primo ad essertene accorto?
Il Cavalca si chiese perché lo straniero fosse lì e gli rivolgesse tutte quelle domande, ma non avendo il coraggio di affrontarlo, in attesa del sopraggiungere di rinforzi, gli rispose:
Sì, sono il primo.
Un fremito di interesse comparve nei severi occhi neri del mussulmano.

I suoi occhi si puntarono sulla pergamena, poi con decisione estrasse la scimitarra e con un sol colpo decapitò il Cavalca. Poi, con calma raccolse la pergamena, gettò un ultimo sguardo alla stanza e ai corpi che conteneva, e svanì nella notte.

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