Il Tenebroso Bosco
dei Misteri di Gustavo Giorgio Arnoldi
Presentazione
Il
professore William Sparrow, una sera, mentre sta attraversando, con la propria
bicicletta il bosco di Guilford per andare a casa ode un grido. Incuriosito si
dirige verso quel grido e scopre così il cadavere di un uomo che è stato appena
strangolato e a cui hanno estratto gli occhi dalle orbite. Senza perdere tempo
corre al villaggio e avverte sia la polizia che il medico condotto: il dottore
Dick Henshaw.
Una
sorpresa li attende nel bosco: il cadavere dello strangolato è scomparso. Sia
la polizia che il dottor Henshaw si chiedono se il professore Sparrow non abbia
bevuto o se non soffra di allucinazioni, ma il ritrovamento di alcune macchie
di sangue e di una miniatura raffigurante una bellissima ragazza, con sullo
sfondo una testa di lupo, li fanno ricredere.
Per
il curioso dottor Henshaw si presentano molti quesiti da risolvere. Chi ha
ucciso quell'uomo e perchè? Perché gli hanno cavato gli occhi? Chi ha portato
via il corpo durante l'assenza del professore e dove l'ha occultato? Che parte
ha nella faccenda l'uomo di cui il professore ha udito i movimenti? Chi ha
lasciato cadere la miniatura? Chi è la fanciulla del ritratto? E cosa c’entra
in tutta questa storia il fantomatico Libro delle Ombre? Esiste davvero
l’ordine segreto delle Suore Templari del convento La Stirpe del Lupo? E se
questo ordine esiste che ruolo gioca in tutta la vicenda?
Inoltre
il delitto è avvenuto nella tenuta del Marchese de Cerennes, proprietario del
Castello di Guildford. E per il dottor Henshaw è un rebus il perchè un francese
si sia installato in un villaggio inglese così tranquillo e privo di
attrattive. Inoltre il francese non esce mai di casa ed è sempre circondato da
una quantità incredibile di stranieri.
Un
giallo serrato e pieno di ritmo e mistero, con un finale imprevisto.
Incipit
Il
vento del Nord che soffiava tra le montagne era gelido e spazzava la neve lungo
tutta la brughiera, ma ancora più gelida era la bufera che tagliava l’aria con
un sibilo sferzante e che colpiva i volti dei viandanti come una frustata in
pieno volto.
Ellinor,
una suora dell’Ordine Segreto delle Suore Templari, si fermò un attimo ad
osservare la grigia bruma che scendeva sulla vallata e guardò con
preoccupazione il sentiero gelato che si inerpicava su per la foresta, con la
brina del canuto inverno che avvolgeva gli alberi brulli e pieni di
desolazione. Si maledì per essere condannata a percorrere quel sentiero deserto
in una notte come quella.
Si
appoggiò alla sua spada e osservò perplessa e cupa il buio che giaceva
silenzioso di fronte a lei. Ellinor aveva affrontato molti pericoli durante la
sua breve vita e, solo in rarissime occasioni, aveva avuto modo di provare un
sentimento di paura, la stessa paura che si stava insinuando in lei lentamente.
Si
disse che non ne aveva motivo, ma quelle ossa frantumate e spezzate lungo il
sentiero non lasciavano presagire nulla di buono. Su alcune di esse vi erano
ancora brandelli di carne e ciò stava a significare che potevano essere lì al
massimo da una settimana.
Chi
poteva aver massacrato quegli uomini o quelle donne? In quelle terre maledette
e senza nome non vi si avventuravano nemmeno i razziatori di Ortuk, e, per
quanto ne sapeva, dovevano essere terre abitate solo da demoni e da esseri
infernali, ma, allora, perché degli uomini vi si erano inoltrati per farsi
massacrare?
Sul
terreno vi erano ancora delle armi, daghe, lance da guerra, scudi, e i metalli
si sgretolavano lentamente sotto l’attacco degli agenti atmosferici. Attorno
alle ossa della gola scheletrica di uno dei morti luccicava ancora una magnifica
collana tempestata di diamanti. Quindi non erano stati uccisi per essere
depredati: sicuramente quel gioiello avrebbe costituito un prezioso bottino per
qualunque selvaggio predatore.
Ellinor
osservò attentamente i cadaveri. Non erano stati trafitti da lance o da spade,
la loro carne era stata strappata e lacerata da artigli. Possibile che delle
belve avessero fatto tutto ciò? Un particolare che attirò la sua attenzione,
accrebbe ulteriormente i suoi dubbi.
A
pochi passi di distanza si ergeva un gigantesco albero, alto cinque o sei
metri. Per i primi tre o quattro metri era privo di rami, e il fusto imponente
era troppo largo perché si potesse scalarlo, se non con l’ausilio di una scala.
Eppure, dal ramo più alto pendeva uno scheletro.
Il
disagio di Ellinor aumentò. Come erano arrivati a quell'altezza quegli infelici
resti? E perché prendersi la briga di appenderli ad un ramo? Era forse un
monito?
Ellinor
si strinse nelle spalle e, come a trovare conforto, strinse l’impugnatura della
sua spada. Si chiese se avesse paura e si rispose di sì, ma non era la paura
che attanaglia generalmente gli uomini comuni di fronte all'incognito e
all’arcano.
Anni
di lotta in terre straniere contro le più disparate razze di uomini, contro
stregoni e demoni umani di ogni tipo, l’avevano temprata al pari dell’acciaio.
Ciò nonostante, e di ciò era contenta, continuava ad avere sempre paura, una
paura che la costringeva ad essere vigile, a non allentare mai la guardia. E
quella paura l’aveva più volte salvata da morte certa.
Il rumore
di un ramo spezzato la fece sobbalzare. Estrasse la spada e restò in attesa,
attenta ad ogni minimo rumore. Al limitare del bosco due occhi di brace la
stavano osservando. Poco dopo, un gigantesco lupo fece la sua apparizione.
Stranamente non sembrava aggressivo. La osservava con curiosità.
Ed
Ellinor fu quasi contenta di vederlo. Perlomeno, non era un demone. Una grande
e crescente forza cominciò a struggersi in lei a risolvere un grande mistero:
la ragione perché quell’enorme lupo selvaggio non la attaccasse, al contrario,
quasi desideroso di avvicinarsi a lei, come a trarne un conforto.
I
loro occhi s'incontrarono. Per un momento entrambi trattennero il fiato, poi
Ellinor disse piano:
— Dimmi che non vuoi farmi del male.
E per
la prima volta il lupo udì la voce di una donna, e gli suonò così dolce ed
carezzevole che suo malgrado l’indole feroce che era in lui rispose con un
guaito che giunse appena alle orecchie di Ellinor.
L’istinto
della donna le disse che per lei il più grande pericolo in quella terra
desolata veniva soltanto dalle mani degli uomini o dei demoni. Nelle sue vene
scorreva il sangue di una guerriera di Dio. Era lei la cacciatrice di tutti
quegli esseri infami che pullulavano le desolate terre del Nord. Nessuna
creatura, bipede o con le ali, con o senza artigli, avrebbe mai dato la caccia
a lei.
Lentamente
ella allungò un braccio, nudo e morbido. Il lupo avrebbe potuto dare uno sbalzo
per la lunghezza del corpo e conficcarvi i denti, ma qualcosa lo trattenne.
Sapeva che non era una nemica. Sapeva che quegli occhi scuri non esprimevano il
desiderio di fargli del male e la voce gli veniva come una strana e dolce
musica.
E si
lasciò toccare.
E,
nel silenzio innaturale della foresta, si udirono degli strani bisbigli sulle
cime degli alberi. Bisbigli che aumentarono di intensità sino a divenire urla,
urla di dolore. Il lupo si rannicchiò sotto la sua carezza. Restarono entrambi
immobili in ascolto di quel grido che sembrava un’orgia di carne lacerata e di
sangue che scorreva. Era come un lamento che invocava nella notte la morte. Il
lupo cominciò a tremare e a guaire. Ed Ellinor tremò con lui.
Nessun commento:
Posta un commento