lunedì 11 aprile 2016

Il Tenebroso Bosco dei Misteri: La Stirpe del Lupo



Il Tenebroso Bosco dei Misteri di Gustavo Giorgio Arnoldi

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Presentazione
Il professore William Sparrow, una sera, mentre sta attraversando, con la propria bicicletta il bosco di Guilford per andare a casa ode un grido. Incuriosito si dirige verso quel grido e scopre così il cadavere di un uomo che è stato appena strangolato e a cui hanno estratto gli occhi dalle orbite. Senza perdere tempo corre al villaggio e avverte sia la polizia che il medico condotto: il dottore Dick Henshaw.
Una sorpresa li attende nel bosco: il cadavere dello strangolato è scomparso. Sia la polizia che il dottor Henshaw si chiedono se il professore Sparrow non abbia bevuto o se non soffra di allucinazioni, ma il ritrovamento di alcune macchie di sangue e di una miniatura raffigurante una bellissima ragazza, con sullo sfondo una testa di lupo, li fanno ricredere.
Per il curioso dottor Henshaw si presentano molti quesiti da risolvere. Chi ha ucciso quell'uomo e perchè? Perché gli hanno cavato gli occhi? Chi ha portato via il corpo durante l'assenza del professore e dove l'ha occultato? Che parte ha nella faccenda l'uomo di cui il professore ha udito i movimenti? Chi ha lasciato cadere la miniatura? Chi è la fanciulla del ritratto? E cosa c’entra in tutta questa storia il fantomatico Libro delle Ombre? Esiste davvero l’ordine segreto delle Suore Templari del convento La Stirpe del Lupo? E se questo ordine esiste che ruolo gioca in tutta la vicenda?
Inoltre il delitto è avvenuto nella tenuta del Marchese de Cerennes, proprietario del Castello di Guildford. E per il dottor Henshaw è un rebus il perchè un francese si sia installato in un villaggio inglese così tranquillo e privo di attrattive. Inoltre il francese non esce mai di casa ed è sempre circondato da una quantità incredibile di stranieri.
Un giallo serrato e pieno di ritmo e mistero, con un finale imprevisto.
Incipit
Il vento del Nord che soffiava tra le montagne era gelido e spazzava la neve lungo tutta la brughiera, ma ancora più gelida era la bufera che tagliava l’aria con un sibilo sferzante e che colpiva i volti dei viandanti come una frustata in pieno volto.
Ellinor, una suora dell’Ordine Segreto delle Suore Templari, si fermò un attimo ad osservare la grigia bruma che scendeva sulla vallata e guardò con preoccupazione il sentiero gelato che si inerpicava su per la foresta, con la brina del canuto inverno che avvolgeva gli alberi brulli e pieni di desolazione. Si maledì per essere condannata a percorrere quel sentiero deserto in una notte come quella.
Si appoggiò alla sua spada e osservò perplessa e cupa il buio che giaceva silenzioso di fronte a lei. Ellinor aveva affrontato molti pericoli durante la sua breve vita e, solo in rarissime occasioni, aveva avuto modo di provare un sentimento di paura, la stessa paura che si stava insinuando in lei lentamente.
Si disse che non ne aveva motivo, ma quelle ossa frantumate e spezzate lungo il sentiero non lasciavano presagire nulla di buono. Su alcune di esse vi erano ancora brandelli di carne e ciò stava a significare che potevano essere lì al massimo da una settimana.
Chi poteva aver massacrato quegli uomini o quelle donne? In quelle terre maledette e senza nome non vi si avventuravano nemmeno i razziatori di Ortuk, e, per quanto ne sapeva, dovevano essere terre abitate solo da demoni e da esseri infernali, ma, allora, perché degli uomini vi si erano inoltrati per farsi massacrare?
Sul terreno vi erano ancora delle armi, daghe, lance da guerra, scudi, e i metalli si sgretolavano lentamente sotto l’attacco degli agenti atmosferici. Attorno alle ossa della gola scheletrica di uno dei morti luccicava ancora una magnifica collana tempestata di diamanti. Quindi non erano stati uccisi per essere depredati: sicuramente quel gioiello avrebbe costituito un prezioso bottino per qualunque selvaggio predatore.
Ellinor osservò attentamente i cadaveri. Non erano stati trafitti da lance o da spade, la loro carne era stata strappata e lacerata da artigli. Possibile che delle belve avessero fatto tutto ciò? Un particolare che attirò la sua attenzione, accrebbe ulteriormente i suoi dubbi.
A pochi passi di distanza si ergeva un gigantesco albero, alto cinque o sei metri. Per i primi tre o quattro metri era privo di rami, e il fusto imponente era troppo largo perché si potesse scalarlo, se non con l’ausilio di una scala. Eppure, dal ramo più alto pendeva uno scheletro.
Il disagio di Ellinor aumentò. Come erano arrivati a quell'altezza quegli infelici resti? E perché prendersi la briga di appenderli ad un ramo? Era forse un monito?
Ellinor si strinse nelle spalle e, come a trovare conforto, strinse l’impugnatura della sua spada. Si chiese se avesse paura e si rispose di sì, ma non era la paura che attanaglia generalmente gli uomini comuni di fronte all'incognito e all’arcano.
Anni di lotta in terre straniere contro le più disparate razze di uomini, contro stregoni e demoni umani di ogni tipo, l’avevano temprata al pari dell’acciaio. Ciò nonostante, e di ciò era contenta, continuava ad avere sempre paura, una paura che la costringeva ad essere vigile, a non allentare mai la guardia. E quella paura l’aveva più volte salvata da morte certa.
Il rumore di un ramo spezzato la fece sobbalzare. Estrasse la spada e restò in attesa, attenta ad ogni minimo rumore. Al limitare del bosco due occhi di brace la stavano osservando. Poco dopo, un gigantesco lupo fece la sua apparizione. Stranamente non sembrava aggressivo. La osservava con curiosità.
Ed Ellinor fu quasi contenta di vederlo. Perlomeno, non era un demone. Una grande e crescente forza cominciò a struggersi in lei a risolvere un grande mistero: la ragione perché quell’enorme lupo selvaggio non la attaccasse, al contrario, quasi desideroso di avvicinarsi a lei, come a trarne un conforto.
I loro occhi s'incontrarono. Per un momento entrambi trattennero il fiato, poi Ellinor disse piano:
Dimmi che non vuoi farmi del male.
E per la prima volta il lupo udì la voce di una donna, e gli suonò così dolce ed carezzevole che suo malgrado l’indole feroce che era in lui rispose con un guaito che giunse appena alle orecchie di Ellinor.
L’istinto della donna le disse che per lei il più grande pericolo in quella terra desolata veniva soltanto dalle mani degli uomini o dei demoni. Nelle sue vene scorreva il sangue di una guerriera di Dio. Era lei la cacciatrice di tutti quegli esseri infami che pullulavano le desolate terre del Nord. Nessuna creatura, bipede o con le ali, con o senza artigli, avrebbe mai dato la caccia a lei.
Lentamente ella allungò un braccio, nudo e morbido. Il lupo avrebbe potuto dare uno sbalzo per la lunghezza del corpo e conficcarvi i denti, ma qualcosa lo trattenne. Sapeva che non era una nemica. Sapeva che quegli occhi scuri non esprimevano il desiderio di fargli del male e la voce gli veniva come una strana e dolce musica.
E si lasciò toccare.

E, nel silenzio innaturale della foresta, si udirono degli strani bisbigli sulle cime degli alberi. Bisbigli che aumentarono di intensità sino a divenire urla, urla di dolore. Il lupo si rannicchiò sotto la sua carezza. Restarono entrambi immobili in ascolto di quel grido che sembrava un’orgia di carne lacerata e di sangue che scorreva. Era come un lamento che invocava nella notte la morte. Il lupo cominciò a tremare e a guaire. Ed Ellinor tremò con lui.

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