lunedì 11 aprile 2016

Il Vicolo della Morte di Giuseppe Fletther

Il Vicolo della Morte di Giuseppe Fletther

[Amazon – Google – Kobo – iBook]
Presentazione
Una classica detective story, condita di un leggerissimo ed ironico erotismo. Richard Riley, in attesa di trovare un conveniente alloggio a Londra, è ospite della vedova di suo zio, Rachel Weir.
In piedi davanti alla finestra, Riley si chiese che rapporti intercorrevano tra lui e Rachel Weir, una zia acquisita da parte del fratello del padre.
Si era sposata con Clifford Riley nel 1944 mentre lui era a casa in licenza. La loro luna di miele era durata un mese, prima che lui ripartisse per la Normandia. Sei mesi più tardi era tornato in Inghilterra in nave. In una bara. Rachel, allora, aveva appena diciotto anni.
Donna di rara bellezza, a trentotto anni, aveva ancora il sottile aspetto delle mannequin: morbidi capelli castani, corporatura snella e, nei movimenti lenti, una energia fuori dal comune. Gli occhi grandi e meravigliati, la voce tenue, l'aria di chi ha appena lasciato il collegio ed è ancora vergine. L'apparenza ingannava.
Rachel, da giovane, era cresciuta tra artisti e colti socialisti, ricevendo un'educazione esteticamente poco convenzionale. Le si accreditavano numerosi amanti e benché la si potesse considerare una donna vissuta riusciva a mantenere quella che lei definiva una verginità dell’anima.
Recentemente Riley si era dovuto stabilire a Londra e, in attesa di trovare un alloggio adeguato, aveva trovato ospitalità presso Rachel. Sin da subito si erano davvero trovati bene. Passavano gran parte del loro tempo a discutere e parlare in estrema libertà. Discussioni su argomenti filosofici, sociologici, artistici ed anche di sesso. Ma, in particolare, amavano parlare di criminologia ed esoterismo.”
Riley, una sera mentre fa la sua solita passeggiata prima di dormire, in un vicolo scuro, si imbatte nel cadavere di un uomo, pugnalato alla schiena. Per lui e per la zia acquisita inizia una entusiasmante avventura che li porterà a scoprire chi ha commesso il delitto.
Come già detto si tratta di una classica detective story in cui più che la scoperta del colpevole, conta trovare le prove per incastrarlo. Remake di un classico, Il Vicolo della Morte è un romanzo piacevole da leggere.
Incipit
Spirava un forte vento su Londra. Un vento di novembre, freddo, insistente, che costringeva coloro che si avventuravano per le strade a coprirsi come se fossero in pieno inverno. Le strade limpide, spettrali nel gioco variopinto dei mulinelli d’aria, erano quasi deserte.
Di tanto in tanto, passava qualche solitario automobilista e i fari della macchina rendevano ancora più lugubre la desolazione del paesaggio.
In piedi davanti alla finestra, Riley si chiese che rapporti intercorrevano tra lui e Rachel Weir, una zia acquisita da parte del fratello del padre.
Si era sposata con Clifford Riley nel 1944 mentre lui era a casa in licenza. La loro luna di miele era durata un mese, prima che lui ripartisse per la Normandia. Sei mesi più tardi era tornato in Inghilterra in nave. In una bara. Rachel, allora, aveva appena diciotto anni.
Donna di rara bellezza, a trentotto anni, aveva ancora il sottile aspetto delle mannequin: morbidi capelli castani, corporatura snella e, nei movimenti lenti, una energia fuori dal comune. Gli occhi grandi e meravigliati, la voce tenue, l'aria di chi ha appena lasciato il collegio ed è ancora vergine. L'apparenza ingannava.
Rachel, da giovane, era cresciuta tra artisti e colti socialisti, ricevendo un'educazione esteticamente poco convenzionale. Le si accreditavano numerosi amanti e benché la si potesse considerare una donna vissuta riusciva a mantenere quella che lei definiva una verginità dell’anima.
Recentemente Riley si era dovuto stabilire a Londra e, in attesa di trovare un alloggio adeguato, aveva trovato ospitalità presso Rachel. Sin da subito si erano davvero trovati bene. Passavano gran parte del loro tempo a discutere e parlare in estrema libertà. Discussioni su argomenti filosofici, sociologici, artistici ed anche di sesso. Ma, in particolare, amavano parlare di criminologia ed esoterismo.
In quel loro rapporto che entrambi non sapevano come classificare, rivestiti, in apparenza, di una veste di freschezza e d'innocenza, eppure pervasi, quasi subdolamente, da un sottile erotismo che si manifestava in sguardi e gesti insignificanti, erano liberi, liberi di fare ciò che volevano ma, soprattutto, di dire ciò che volevano. La parola era essenziale, scambiarsi parole in un gioco appassionato. Ciò che di non detto c’era tra loro, rimaneva un accompagnamento di sottofondo.
A Riley piacevano le donne e la libertà. A Rachel piacevano gli uomini e la libertà. E, spesso, parlavano delle loro avventure, condividendo tra di loro le parole più sottili e intime. Erano proprio le parole, le loro reciproche confidenze, ad eccitarli.
Tra loro, indubbiamente, era sorto un sentimento. Ma quale? Amore, desiderio, amicizia? Era difficile dirlo. Spesso Riley si soffermava ad osservare Rachel che, nel suo vestire audace, a volte al limite della decenza, mostrava le sue gambe e parte del suoi seno al suo sguardo incredulo di tanta bellezza.
Al contrario Rachel aveva nei confronti di Riley un sentimento di profonda tenerezza non disgiunto, però, da una forte attrazione fisica per quel ragazzo, alto, snello, maschio, bello ogni oltre dire.
Ma entrambi, anche se non parlavano mai di questi loro reconditi pensieri, avvertivano che se si fossero lasciati andare, il contatto fisico sarebbe diventato null'altro che una primitiva regressione fisica, un'inevitabile caduta di tono. Perché per loro stava proprio lì, nel raggiungimento di una libertà assoluta, perfetta, nobile e pura, la dignità e il significato dell'esistenza.
In quella sera di novembre, come spesso accadeva loro, si erano ritirati, dopo cena, in salotto per parlare degli ultimi avvenimenti di cronaca nera e dei romanzi polizieschi di maggior successo. Rachel amava profondamente Georges Simenon, il cui stile di scrittura era caratterizzato, nonostante il vocabolario scarno e la rinuncia di qualsiasi finezza letteraria, da atmosfere molto dense. Recentemente aveva letto Maigret e l'affare strip-tease ed era rimasta molto colpita da quella storia che si svolge in una Parigi che si prepara all'estate e nella quale si svolge una inchiesta del Commissario Maigret, che deve scoprire chi ha ucciso un gestore di locali notturni. L'ambiente era quello di Pigalle, dei night, degli spogliarelli e dello champagne a fiumi. Una storia che teneva in scacco Maigret fino a che non nota un particolare....
— Non dirmi quale, — la interruppe Riley che aveva anch’egli intenzione di leggere il romanzo.
Nella stanza regnava una forte penombra, Rachel era appena visibile nel suo abito, indubbiamente uscito da una delle migliori sartorie di Londra, con una profonda scollatura che le lasciava scoperti i seni sin quasi alle punte. Riley più che distinguerla distintamente, percepiva la presenza di lei, sentiva il suo profumo e il tepore del suo corpo così vicino.
Dio, come era desiderabile. Aveva appena avuto quel pensiero che subito lo sviò verso altri. Il gusto di Rachel per la letteratura poliziesca era, secondo Riley, se non assolutamente, certo relativamente circoscritto. Educata nel culto della Detective Story ne era divenuta del tutto schiava.
I romanzi psicologici e quelli noir non la interessavano, e tutto quanto sfiorava l’amore la disgustava addirittura. Prediligeva i racconti che si aprivano su di un delitto e si chiudevano in carcere, che lasciavano il lettore ansioso di conoscere chi avesse commesso l’omicidio, come l’avesse perpetrato e in qual punto del volume ci si sarebbe finalmente veduto chiaro. Nulla la rallegrava quanto il coricarsi con la mente assillata dal mistero dei tre ultimi capitoli. Nulla le dava tanto diletto quanto lo scoprire, alla fine del romanzo, che le sue teorie erano errate e che il delinquente era tutt’altra persona che quella da lei sospettata.
Rachel nutriva una commiserazione benevola per l’autore malaccorto che lasciava trapelare anzi tempo la soluzione dell’enigma. Amava d’un amore incondizionato chi le offriva, attraverso innumerevoli e svariati tranelli, una sensazione improvvisa ed elettrizzante, e provava per lo scrittore capace di tener vivo e ardente il segreto fino alle ultime righe del romanzo il sentimento più alto che potesse consacrare a un uomo: il rispetto. Un maestro siffatto si scolpiva per l’eternità nella sua bibliografia mentale.
Alle dieci precise, Riley e Rachel, quella sera, avevano parlato a lungo di un romanzo perfettamente consono ai gusti della donna. Il silenzio aveva invaso la stanza. Non si udiva che lo scoppiettare della legna nel caminetto. Rachel lasciò cadere il libro di cui si era parlato sulle ginocchia, abbandonò le mani sul grembo, la seta della sua gonna ebbe un fruscio di foglie morte, e prese a guardare fisso la fiammata. Riley si levò dalla poltrona, lanciò a Rachel un’occhiata affettuosamente ironica, prese la pipa e la riempì di tabacco tolto da un vaso che giaceva sul tavolo. La pendola aveva quasi ultimato di batter le ore prima che Rachel uscisse dalla propria meditazione.
— Sicché, — ella disse alfine, con un sorriso soddisfatto, — sicché era lei la colpevole! Non l’avrei mai creduto! È l’ultima persona che avrei sospettato! Che bel libro! Che ingegno! Richard, devi comperare tutte le opere di quell’autore!
Riley accese la pipa, s’infilò le mani nelle tasche dei pantaloni, s’addossò al caminetto e disse fra il serio e il faceto:
— Cara Rachel, sei più viziosa di una morfinomane! Non posso comprendere come mai una rispettabile donna del tuo stampo possa mostrare un entusiasmo così assurdo per fole simili!
— Fole simili, dici? — rimbeccò Rachel, che cercava di riportare la gonna alle ginocchia, imbarazzata dallo sguardo del giovane alle sue cosce levigate.
— Non sono fole, caro mio. È vita! Vita reale, sotto forma di romanzo!
Riley scosse il capo con aria di compassione. Egli non leggeva mai romanzi per suo diletto. Prediligeva tutt’altro genere di lettura, immensamente più sostanziosa. E, nel proprio campo, era assai colto. Conosceva la biblioteca meglio assai del mondo che lo circondava.
— Vita! — disse. — Non pretenderai, spero, che codesta roba, — e additò una pila di libri inviati poco prima dal libraio, — rappresenti realmente la vita!
— E che altro? — chiese Rachel.
— Non so, — rispose Riley vagamente.
— Fantasia, immaginazione, invenzione... che so io! Ma vita, no! Vi sembra possibile che accadano realmente cose simili a quelle che abbiamo lette or ora?
— Non mi pare, — affermò recisamente Rachel, — ne sono certa. Non ho letto finora alcun romanzo la cui violenza s’avvicinasse a quella delle vicende umane!
— In tal caso è per lo meno strano che non si veda e non si oda mai nulla di simile! — dichiarò Riley. — Per conto mio, non m’è accaduto mai, eppure abito questo pianeta da trent’anni!
— Pura combinazione, — sentenziò Rachel. — Del resto, non leggi mai i giornali domenicali. Io non ne tralascio una riga e ti assicuro che sono pieni di delitti di ogni genere. Così è il mondo! Quanto a misteri, ebbene, ne ho conosciuti due o tre ai miei tempi, ben più straordinari, oso dire, di quanti io abbia letti nei romanzi!
Riley si sdraiò nella poltrona, allungò le gambe e chiese con interesse:
— Quali?
— Quando ero ragazzina, — rispose l’interpellata, — avvenne qualcosa che suscitò nell’ambiente il più grande interesse. Si trattava di un banchiere, Quainton, dimorante nella nostra città. Aveva all’incirca la tua età, era marito di una deliziosa donnina e padre di un amore di bimbo. Era ricchissimo, sano, amava la vita, tutti lo apprezzavano, non aveva alcun cruccio palese. Un mattino, dopo aver fatto colazione con sua moglie, uscì di casa per recarsi in banca, come di solito. Ebbene non giunse mai a destinazione e da quel momento nessuno più lo vide o ne ebbe notizia! Doveva percorrere al massimo mezzo miglio in una strada non poco frequentata, eppure disparve completamente, assolutamente, definitivamente! E nessuno ne seppe più nulla!
— Strano! — ammise Riley. — Strano davvero! E poi?
— Per esempio, c’è il caso di Lady Marsh Flower, — riprese Rachel, — un amore di fanciulla! Tuo padre e io assistemmo al suo matrimonio con Sir Thomas Marsh Flower, un uomo sulla quarantina. Poco dopo il loro ritorno dal viaggio di nozze, un mattino, il marito partì a cavallo per la città e qualche istante appresso un signore elegante chiese d’esser ricevuto dalla moglie. Fu introdotto in salotto. Lady Marsh Flower ve lo raggiunse. Cinque minuti dopo si udì uno sparo, i servi accorsero. La poverina giaceva morta, immersa nel proprio sangue. Quanto all’assassino, s’era dileguato come la nebbia al sole. E la chiave del mistero deve essere trovata ancor oggi.
— Come? Quell’uomo non fu arrestato? — esclamò Riley.
— Non soltanto non lo fu, ma inoltre, sebbene Sir Thomas abbia speso una sostanza e sia quasi ammattito per cercar di sapere chi era colui e perchè era venuto a visitare sua moglie, nessun fatto venne mai in chiaro!
— Che mistero! È più singolare ancora dell’altro! — commentò Riley.
— Misteri, sicuro! — incalzò Rachel. — Il mondo ne è pieno. Quanti assassini rimangono impuniti, quante truffe non vengono scoperte e quanti inganni restano nell’ombra! Chiedi alla polizia e vedrai! A proposito di truffe, non dimentichiamo il vecchio Barrett, che era il grande uomo a Pumpney quando io ero ancora ragazza.
— Di che si tratta? — chiese Riley, che aveva incominciato col divertirsi, e ora s’interessava sempre più ai ricordi della zia acquisita.
— Quel Barrett era tutto, a quell’epoca, tutto, salvo che un onest’uomo, ma questo nessuno lo seppe finché non fu troppo tardi. Era avvocato, ma, oltre, alla professione, aveva ogni sorta d’incarichi e d’impegni. Era, insomma, il simbolo dell’integrità, e tutti ricorrevano a lui e gli affidavano gli averi. Morì all’improvviso e si seppe che aveva menato doppia vita, che aveva un ufficio a Londra e giocava e speculava, e Dio sa cosa ancora! Fatto sta che di tutto il danaro che gli era stato affidato non si trovò un centesimo. E questo non è un romanzo, — concluse Rachel, trionfante. — Ti assicuro che dato ciò che molti possono raccontare della vita, nessun romanzo inverosimile è ancora stato scritto.
— Dopo tutto, — disse Riley dopo un silenzio prolungato, — puoi benissimo aver ragione, Rachel. Soltanto non mi è ancora accaduto d’imbattermi, nella vita, in casi simili a quelli che leggi nei romanzi.
— Ti accadrà forse in avvenire, — replicò la donna. — Credilo pure, Richard, la vita è più romanzesca delle favole e pullula di singolari avvenimenti. Senonché non tutti, come l’hai contestato tu stesso, hanno occasione di constatare la verità di tale asserzione.
La voce argentina della pendola del caminetto indusse Rachel, a quel punto, ad alzarsi e a interrompere la conversazione. S’affrettò a deporre il libro, abbracciò il giovane e si diresse verso la propria camera da letto, mentre Riley si disponeva, dopo di aver riempito una seconda volta la pipa, a indulgere a un’altra abitudine vespertina, quella di far quattro passi, tutte le sere dell’anno, prima di coricarsi. Indossato il mantello e preso il cappello, egli uscì e si diresse lentamente verso Bayswater Road.
Sebbene si fosse di novembre, la nottata era bella e chiara, la mezza luna splendeva e le stelle rilucevano vividamente attraverso l’aria tersa e frizzante. Incoraggiato dal tempo propizio, Riley s’allontanò più del solito, percorrendo Bayswater Road fino all’altezza di Notting Hill Gate e ritornando attraverso le varie vie e piazze che separano Pembridge Gardens da Markendale Square. Mentre procedeva, fumando la pipa, osservando i fari tremolanti dei veicoli e godendosi l’aspra carezza del freddo, ripensava, fra il sarcastico e il faceto, alla passione di Rachel per i romanzi sensazionali e al suo sicuro convincimento che la vita riserva sorprese ben più singolari di quanto non ne offrano le pagine stampate.
Gli esempi che m’ha citato sono, senza dubbio, molto strani, — mormorò fra sé e sé. — Come mai quel banchiere poté allontanarsi inosservato da una cittadina ove era noto come la betonica? Perchè scomparve? Ove si recò? Fu ucciso? Oppure perdette la ragione e la memoria e sta ancora vagando per il mondo? E, quella Lady Marsh Flower! Che mistero anche quello! Chi era l’uomo? Quali rapporti aveva ella con lui? Perchè l’uccise, colui? Come poté dileguarsi a quel modo, senza lasciar la minima traccia di sé?
Il fantasticare di Riley fu interrotto, a questo punto, all’improvviso e violentemente. Egli si trovava, senz’essersi avveduto del cammino percorso, all’altezza della propria via, ma dal lato opposto a quello dal quale l’aveva lasciata nell’uscire. La piazzetta in cui si trovava era collegata a Markendale Square da un viottolo scuro e stretto, poco noto a chi non abitava il quartiere, che serviva da scorciatoia.
Riley stava per imboccarlo, quando un giovanotto ne uscì correndo, lo investì, si scusò appena, attraversò la via velocemente e disparve dietro l’angolo più vicino. Questo era illuminato da un lampione, al raggio del quale il nostro nottambulo poté scorgere il viso del giovane.
Strano, — commentò. — Ho già veduto quel viso. Lo conosco. Ma chi diavolo è? E perchè corre a quel modo?
Il luogo era silenzioso. Nessun viandante era alle viste. S’udiva soltanto, a una certa distanza, il passo cadenzato di un poliziotto di turno. Dopo un istante di osservazione, Riley infilò il viottolo dal quale il giovanotto era sbucato con tanta precipitazione.
Un solo lampioncino infisso nel muro a mezza via rompeva appena le tenebre. Il viottolo, lungo una trentina di metri, correva fra due vecchi muri di mattoni, anneriti dal tempo e dal fumo e alti cinque metri circa.
Di quando in quando la loro nudità era rotta dalle porte dei cortili dei caseggiati circostanti. Riley, che spesso passava di notte attraverso il vicolo, aveva pensato più di una volta che quelle porte avevano, di sera, l’aria di non essere mai state aperte e richiuse e che erano assai simili a usci di chiostro o di carcere.
Mentre egli procedeva verso casa, erano tutte chiuse e il vicolo offriva l’aspetto più solitario che si potesse constatare in tutta Londra.
— È curioso, — rifletteva, — che non ricordo di aver mai incontrato alcuno in questo viottolo.
A un tratto sostò, con la sensazione precisa di esser sul punto, finalmente, di accostarsi a un mistero. Al fioco chiarore dell’unico lampioncino, aveva scorto un uomo disteso a terra in una tale immobilità, che Riley comprese di trovarsi in presenza della morte.

S’avvicinò, accese un fiammifero, e la luce così aumentata gli permise di vedere lo sparato bianco del cadavere e una larga chiazza di sangue che lo macchiava.

Nessun commento:

Posta un commento