lunedì 11 aprile 2016

Intrigo a Londra



Intrigo a Londra di Tommaso Galloni

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Presentazione
Un giallo che si legge come un film di Alfred Hitchcock. Sembra di vivere le stesse atmosfere di L’uomo che sapeva troppo. La trama si svolge in un Londra algida, anonima, priva di calore.
Intrigo a Londra è un thriller che possiamo annoverare nel filone della così detta Detective Story rovesciata, nella quale i colpevoli sono noti subito e la suspense si focalizza sullo svolgimento dell’avventura e sul modo per sfuggire alla minaccia di morte che aleggia sull’eroina di turno.
In una Londra di inizio 1900, durante un ballo per festeggiare la sua maggiore età, Dalya Ellis, dopo essersi appena fidanzata con Ronald Bennett, incomprensibilmente lascia la propria casa seguendo Jason Carter, di cui aveva respinto la domanda di matrimonio e verso il quale provava anche avversione fisica.
E, quando il fidanzato la ritrova, afferma di non conoscerlo e di non averlo mai visto. Che mistero si cela dietro a tutto ciò? Quando la ragazza lo scoprirà per lei inizierà un vero e proprio incubo, perché colui che vuole il suo male è la persona che lei ama di più.
Incipit
Due lunghe file di vetture e di automobili dirette a Dacre Square, Hyde Park, depositavano le persone che le occupavano avanti alla casa N. 4 e si disponevano ad attendere fino alle ore piccole i rispettivi proprietari per ricondurli a casa. La casa n. 4 era sfarzosamente illuminata e l’eco della musica giungeva al di fuori, fino ad una certa distanza.
Un uomo ed una donna passarono parecchie volte davanti alla casa in questione. La donna si aggrappava al braccio dell’uomo e gli sussurrava ripetutamente delle frasi, come per persuaderlo a desistere dal suo intento. L’uomo non rispondeva e continuava a guardare cupamente la casa illuminata.
— Inutile, Owen, non possiamo far nulla per questa sera. Meglio andarcene! — supplicava la donna. — Non vi riceverà...
— Mi riceverà! — interruppe l’uomo.
— Andate pure a casa, Mary, non avete nulla a che fare con questo voi, mentre per me si tratta o della fine del gioco o del principio di un gioco nuovo. In ogni caso, non voglio immischiarvici. Dovete pensare a voi stessa ed alla vostra creatura. Andate a casa e lasciatemi.
— Che cosa volete fare? — chiese la donna sempre in un accento supplichevole.
Si erano allontanati un pò dalla casa illuminata ed erano giunti quasi all’angolo della piazza. L’uomo fissò con uno sguardo smarrito le vetture. Era abbastanza giovane, ma i suoi capelli erano diventati grigi anzitempo e la sua fronte aveva i solchi profondi dell’uomo tormentato da una grave preoccupazione. La donna sembrava anche più giovane ed entrambi erano vestiti miseramente.
— Si può aver accesso alla casa anche dalla parte del parco — mormorò l’uomo. — C’è una porta nel muro di cinta che generalmente è chiusa a chiave. Proverò da quella parte. Se sarà chiusa, cercherò di scavalcare il muro.
— Non vi approvo, non otterrete nulla — fece la donna. — Perchè non aspettare un momento più tranquillo? Questa sera la casa è affollata e non avrete modo di vederlo.
— E’ più probabile che lo veda questa sera che un’altra sera. Non bisogna che abbia modo di mettersi in guardia. Questa sera potrei svergognarlo anche in presenza dei suoi amici, potrei dire a tutti quei signori che mi ha derubato e che ha rovinato voi e la nostra creatura. La figlia sua è veramente fortunata... Quelle vetture, quella musica, quella folla sono tutte in suo onore....
— E’ il suo compleanno, non è vero? — chiese la donna dirigendo di nuovo lo sguardo verso la casa.
— Sì, compie oggi ventun anni, esce dalla minore età — replicò l’uomo con amarezza — ed oltre alla fortuna di suo padre ha una sostanza propria di sei cifre rotondette. E’ privilegiata, Mary, mentre la nostra creatura dovrà morire di fame a meno che non riesca a combinare qualche cosa. Ed ora — fece egli muovendo risolutamente verso la casa — ora vi domando se credete che io sia in diritto o no di agire?
— Dio solo sa se avete pieno diritto di ottenere qualche cosa da quell’uomo, Owen, ma non dovete correre dei rischi. Me lo promettete?
— Intendo vedere questa sera ad ogni costo Farley Ellis. Ad ogni costo, capite. Anche se dovessi forzarmi la via tra i suoi ospiti. Andrò cautamente dalla parte del parco, e voi non avrete a temere che mi succeda qualche cosa. Buona notte, Mary. Forse avrò delle buone notizie, quando vi rivedrò.
L’attirò a sè e la baciò, in quell’angolo solitario della piazza ed ella, più tardi, ripensando a quel bacio, ebbe l’impressione che fosse stato come un bacio di addio. Owen voltò l’angolo e risolutamente prese la via del parco, oltrepassò una porta ed in pochi minuti fu nel parco stesso.
Una volta al sicuro, fra le ombre, trasse dalla tasca un revolver e lo esaminò. Guardò a destra e a sinistra per garantirsi della solitudine, di nuovo rimise l’arma in tasca, e voltò a destra. Questa volta non prese delle precauzioni. Avanzò di buon passo da uomo determinato.
Le case di un lato di Dacre Square davano posteriormente verso il parco. La casa segnata con il numero 4 era una di queste. Il giardino piuttosto lungo era circondato da un muro alto sette od otto piedi, che formava il muro della parte esterna del parco.
Owen contò le porte, si fermò avanti a quella che cercava, e misurò con lo sguardo l'altezza del muro con l’intento di scavalcarlo. Ma con sua grande sorpresa, urtando col piede la porta, constatò che cedeva e così entrò nel giardino senza aver fatto il minimo sforzo.
Sicuro di avere il revolver pronto a portata di mano, chiuse pian piano l’uscio e si ritirò nell’ombra per guardare la casa, anche da questa parte sfarzosamente illuminata. Dalle finestre aperte poteva vedere benissimo le coppie dei ballerini passare da una finestra all’altra, e le dame ed i cavalieri conversare a gruppi in questa o in quella sala.
Frattanto Dalya Ellis, la ragazza in onore della quale veniva dato quel ricevimento, radiante e felice conversava presso una delle finestre delle sale, e più di un paio d’occhi la fissavano con ammirazione.
Era in realtà adorabile, gaia, raggiante per la festa che le veniva fatta, per i voti che venivano formulati attorno a lei, e soprattutto per il benessere dato dalla prosperità. Forse sino allora non un suo desiderio non era stato esaudito.
Aveva scorso i suoi ventun anni in un sentiero fiorito, e non aveva mai conosciuto una difficoltà. Eppure, cosa strana, la sua faccia si turbò quando un uomo avvicinandosi a lei le sussurrò qualche cosa a bassa voce.
A prima vista lo si sarebbe giudicato uno straniero. Era alto, aveva gli occhi neri, profondi, e la sua pelle era abbronzata dal sole. Sino allora aveva girato da una sala all’altra guardando da destra a sinistra, cercando una certa faccia. Ora pareva che l’avesse trovata, e guardava la fanciulla con un’espressione dominatrice che invano cercava di nascondere sotto una forzata soavità di modi.
— Sapete già che cosa desidero dirvi, miss Dalya. Questa sera compite i ventun anni ed è mio vivo desiderio di presentarvi i miei voti, e congratularmi con voi. Potete immaginare quali siano i miei voti?
Ella non lo guardò. Le sue pupille cercavano ansiosamente nella sala qualcuno che le venisse in aiuto, ed era visibilmente turbata.
— Credo che siano i migliori, signor Carter — disse ella lentamente.
— Forse credete ancora qualche altra cosa, Dalya. Forse credete che v’amo... e sapete già che ho aspettato ansiosamente fino a questa sera la risposta alla domanda che vi ho rivolto.
— C’è sempre una stessa risposta — fece la ragazza guardandolo bene in viso. — Posso soltanto dirvi che mi dispiace moltissimo... ma che non vi amo.
— Vostro padre è di un’opinione diversa — rispose l’uomo — e se vi parlo così è perchè autorizzato da lui. Lo sapete, non è vero?
— Mio padre non è qui questa sera. E’ stato chiamato inaspettatamente altrove per affari. Abbiate la bontà di attendere il suo ritorno.
Il signor Jason Carter con le mani allacciate dietro il dorso guardava la fanciulla, lottando con la tentazione di stringerla fra le sue braccia, malgrado la folla che li circondava, e di baciarla suo malgrado.
Sapeva che la sua causa era disperata e per questo motivo, forse, la ragazza gli sembrava più attraente che mai. Nondimeno non si mosse ed ella approfittò del suo silenzio per esprimergli bene la sua intenzione.
— Voglio che vi persuadiate una volta per sempre che sono irremovibile nella mia decisione. Non avete indovinato ancora che un altro...?
— Certo che l’ho indovinato — fece egli — soltanto troverete che non è così facile liberarsi di me. In genere combatto per quello che voglio, miss Ellis, e generalmente vinco nella lotta. Non mi troverete cattivo se mi tratterete bene, ma quando incontro opposizione, in genere divento detestabile. Non credete preferibile far sì che questa non sia la vostra ultima parola?
— Anche legalmente questa sera sono una donna, padrona dei miei atti e della mia volontà, e posso senz’altro decidere ed agire a modo mio, signor Carter. Ho pronunciato l’ultima parola.
Egli rise forzatamente, s’inchinò e si allontanò. La ragazza lo guardò per un istante o due, poi sorrise ad un giovine che venne a chiederle un ballo. E con la leggerezza delle donne, mentre ballava con il suo cavaliere, cercava qualcuno che non aveva veduto ancora... qualcuno che smaniava di vedere.
E finalmente egli arrivò. Dalya lo vide sulla soglia, e di nuovo, con la perversità delle donne, lo evitò parecchie volte quantunque il cuore le battesse più celermente sotto l’elegante abito da sera.
Difatti, fu soltanto dopo una mezz’ora che il giovanotto potè toccarle la mano e fissarla bene nelle pupille. Coincidenza strana, il caso li aveva portati contro la stessa finestra presso cui un certo signor Jason Carter una mezz’ora prima le aveva parlato d’amore.
— Siete in ritardo, Ronald! — mormorò ella. — Vi aspettavo.
— Non mi fu possibile venire prima, e d’altronde non è troppo lusinghiero parlare qui tra tutta questa folla. Desidero parlarvi a quattr’occhi.
— Siete un ingrato! — rispose Dalya sorridendo. — Vi lamentate mentre sapete che vi aspettavo e vi cercavo, anche questa sera quando tutti si disputano una mia parola, un mio sorriso. Via! Mi vergogno di voi!
— Dalya, sapete che ho un’infinità di cose da dirvi.
— Ma non dovete tenermi così la mano, non pensate che siamo in pubblico? Se volete dirmi in fretta due parole, possiamo andare da questa finestra sulla terrazza e di là in giardino. Ma più di cinque minuti non posso concedervi.
— Siete un angelo, Dalya, e mi pento di quello che ho detto.
Aprì la finestra ed insieme uscirono sull’ampia terrazza da cui si scendeva in giardino. In fondo alla gradinata ella si fermò, graziosamente strinse attorno a sè le pieghe dell’elegante abito da ballo, e domandò a Ronald Bennett:
— Ebbene, che cosa avete da dirmi? Potete sbrigarvi in cinque minuti?
— Mille anni di vita, un milione di anni non basterebbero a dirvi tutto quello che vorrei! — esclamò egli guardandola con adorazione ed attirandola a sè. — Eppure questo discorso che potrebbe durare un milione di anni, può esser riassunto in due parole: Vi amo! Vi amo!
Dalya lo guardò con una tenerezza infinita ed in preda ad un ineffabile turbamento, bisbigliò:
— Vi amo anch’io, e non finirei mai di ripetervi quanto vi amo, Ronald! Solo che guardiate le mie pupille potrete leggervi la grandezza del mio amore.
Di nuovo egli l’attirò a sè e la baciò. Ella lottando si svincolò da lui e passò nel giardino. Ronald Bennett la raggiunse, poi si fermò accanto a lei e seguì la direzione del suo sguardo.
— C’è qualcuno! — bisbigliò ella.
— Qualcuno? Forse qualche altra coppia legata dagli stessi vincoli di affetto che ci uniscono?
— No, è un uomo solo. Volete andare a vedere chi è, Ronald?
Ronald Bennett si avanzò verso il punto da cui gli era sembrato che fosse venuto un rumore, poi si avanzò verso di lei esitando.
— Non c’è nessuno... Eppure mi era sembrato di vedere un uomo che assomiglia molto a vostro padre!
— Al babbo? — ripetè ella ridendo gaiamente e pure con una leggera espressione di sgomento. — E’ assurdo, Ronald! Mio padre è lontano più di cento miglia. Vi siete indubbiamente ingannato.
— L’ammetto — fece egli con poca convinzione.
Poi guardando la ragazza:
— Perchè siete così spaventata, cara? Sarà bene che rientrate.
Ma mentre la riconduceva verso la gradinala, si voltò parecchie volte verso il punto in cui aveva creduto di vedere un uomo.
Aveva creduto? No, era perfettamente sicuro di aver veduto un uomo che aveva la faccia di Farley Ellis, un uomo che l’aveva evitato scomparendo verso la direzione della casa.
Mentre rientravano nella sala, la zia di Dalya, miss Jane Ellis, mosse incontro alla nipote con un telegramma in mano, dicendo:

— L’ho aperto, cara, prima di essermi accorta che era per voi. E’ un telegramma di vostro padre.

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