I Giustizieri di
Dio di Erberto Fowerdaw
Presentazione
La giovane
romanziera Gwenyth
Shelley si trova suo malgrado implicata in una strana storia di delitti. Chi
sono gli appartenenti al Clan di I Giustizieri di Dio e perché uccidono tutti
coloro che causano incidenti stradali mortali.
L’intera Inghilterra è in subbuglio. Come fermare questa
congrega di pazzi.
A cercare di sbrogliare la matassa tenta il professore Sir
Gilbert Doyle che chiede aiuto alla sua ex segretaria Gwenyth Shelley,
nonostante per lui sia difficile, per ragioni sentimentali, stare accanto alla
ragazza.
Un romanzo poliziesco che sposa il sentimentale, l’avventura
e la detective story.
Incipit
Guidare sotto quella pioggia torrenziale non era certo piacevole,
ma Gwenyth Shelley era determinata a raggiungere la Cromwell Grammar School,
situata dieci chilometri dalla periferia nord di Londra.
Sola, su quella carrozzabile desolata, la ragazza scrutava
ansiosamente davanti a sè la strada stretta poco familiare, accelerando
leggermente. C’era giusto lo spazio per lasciare passare due automobili.
Lentamente, molto lentamente.
Gwenyth si sorprese a pensare che il suo stato d’animo
corrispondeva in pieno alla violenza della natura. L’appuntamento che aveva accettato
da Sir Gilbert Doyle, insegnante presso la Cromwell Grammar School e scrittore
di fama mondiale, sapeva a cosa avrebbe portato.
Lo aveva conosciuto ad un party. L’amore per la letteratura
aveva fatto sì che avevano finito per parlare per tutta la durata della festa,
incuranti degli altri ospiti. La voce del quarantenne scrittore era un pò
bassa, con intonazioni gravi e particolarmente attraenti. Mentre parlava
l’aveva sempre guardata negli occhi, costringendola spesso ad abbassare il suo
sguardo, turbata dalla strana bellezza di quegli occhi di cui non riusciva a
indovinare il colore. Colpa delle luci al neon di colore diverso.
Il suo modo di comportarsi era semplice, i suoi vestiti
molto eleganti. Sarebbe stato difficile trovare una persona più naturalmente
disinvolta, più distinta di quell’uomo di successo. In tutta la sua persona,
nella fisionomia, nell'atteggiamento, nella parola chiara e calma, si intuiva
una natura autoritaria, una intelligenza superiore e dominatrice.
Questa impressione si rafforzava osservando la piega, a
volte dura, della bocca, la linea molto ferma dei lineamenti ben disegnati, il
portamento della testa leggermente altero, il lampo che attraversava il colore
indistinto e profondo dei suoi occhi.
Ogni tanto, alle sue osservazioni, l’uomo le sorrideva, e
quel sorriso trasformava per qualche secondo la sua fisonomia. Poi riprendeva
subito l'espressione di pensosa freddezza che le dava una certa soggezione.
Generalmente, guidare sotto la pioggia dava a Gwenyth una
gioia infantile, una piacevole sensazione di freschezza che le era trasmessa
dall’aria ripulita dalla pioggia e dal profumo delle foglie bagnate. Ma questa
volta era diverso. La sua mente era in tumulto.
Che giornata infame e deprimente per recarsi a trovare
Gilbert. Era in ritardo e l’uomo non sarebbe stato contento di averla dovuta
aspettare. Improvvisamente la pioggia cominciò a scemare. Adesso riusciva a
vedere chiaramente lunghi tratti di strada dinanzi a sé, gruppi d’alberi alti e
incombenti e gli alti, sinistri cancelli dell’antica mattatoio, oramai in
disuso.
Era stato un viaggio breve e mentre parcheggiava la sua
automobile davanti alla Scuola, Gwenyth Shelley sentì che il suo nervosismo
aumentava. Aveva studiato lì per due anni e le sembrava che dalla fine della scuola
superiore il tempo non fosse mai trascorso.
Scendendo dalla macchina, Gwenyth fu presa da un'ondata di
nostalgia. Quante volte aveva parcheggiato proprio in quel posto, nei giorni
andati! Con un sospiro si avviò verso l'ingresso dell'edificio.
Era quasi sicura che a quell’ora Gilbert Doyle aveva finito
le sue lezioni e la stava attendendo nella sala riunioni. Mentre pensava a
quello che gli avrebbe detto, Gwenyth si sentì ancora più nervosa.
Nel passare davanti ad una vetrina di un negozio vide la sua
immagine riflessa nei vetri. Sorrise a sé stessa. A vent’anni anni ne
dimostrava sedici. Il suo volto liscio, senza il minimo trucco, era esaltato
dai suoi stupendi occhi azzurri e dalla bocca infantile. Era alta, le spalle
aperte, la vita sottile, le gambe lunghe. Nel complesso una piacevole bionda
dalla figura slanciata. Un connubio ambiguo di bellezza limpida e insieme
sensuale.
Si chiese ancora una volta perché aveva accettato
quell’appuntamento? Sapeva di dover molto a Gilbert Doyle, che prima l’aveva
assunta come sua segretaria e poi l’aveva lanciata nel mondo editoriale dove si
era affermata come scrittrice di romanzi polizieschi.
No, lei non era lì per riconoscenza verso di lui. Anche in
passato era uscita con lui, ma senza alcun secondo fine, come buoni amici.
Questi, che era scapolo, la aveva invitata spesso e nell'ambiente della scuola
giravano voci che fossero amanti.
La cosa non era vera, e se le chiedevano che rapporti vi
fossero tra lei e l’affascinante professore, rispondeva sempre, con naturalezza
e senza arrossire, che erano ottimi amici.
Ma tutto questo accadeva prima che lui la cominciasse a
guardare in un modo diverso!
Gwenyth non era mai stata con un uomo. Era ancora vergine.
In passato aveva avuto un fidanzato, ma questi non aveva mai risvegliato in lei
quelle grandi e piccole affinità che sentiva dovevano esserci per legare due
esseri fin nel più profondo dell’anima.
I sentimenti e la passione che provava per Gilbert Doyle,
non li aveva mai provati prima. Aveva scoperto che in lei albergava una
inguaribile romantica, e aveva preso a sognare come sarebbe stato perdere la
sua verginità.
Quei suoi pensieri avrebbe voluto che fossero stati relegati
sempre e soltanto nel mondo dei suoi sogni più nascosti, ma non era stato così.
Quando, una sera, fattasi audace per mostrarsi evoluta, ne
aveva parlato con Gilbert, questi le aveva confidato che si era innamorato di
lei. Era rimasta senza parole. Si era chiesta allora che fare, ma lui non le
aveva dato il tempo di riflettere. Le aveva detto, con semplicità disarmante:
— Ti aspetto domani a scuola dopo le lezioni. Ti porto a
Brighton con me.
E l’attendeva per una risposta.
Che risposta avrebbe dato? Ancora non lo sapeva.
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